GLI ARGENTINI SONO NEI GUAI

di Michele BLANCO

Purtroppo, come volevasi dimostrare, in Argentina i lavoratori hanno perso potere d’acquisto con i prezzi alle stelle. Il tutto dovuto al circolo vizioso di un’economia progettata per arricchire chi è già ricco, non i semplici cittadini.

Si è passati dall’austerity alla miseria sempre più diffusa in soli 15 mesi di governo presieduto da Javier Milei in Argentina.

L’economia argentina in caduta libera sta diventando un caso di studio emblematico degli effetti distruttivi di un neoliberismo dogmatico e slegato alla effettiva realtà economica e sociale. I dati sul consumo interno, riportati dal quotidiano argentino Pagina|12, dipingono un quadro piu che drammatico, costantemente in 15 mesi consecutivi di caduta libera delle vendite, con un calo del 5,4% su base annua a marzo 2024. Un tracollo senza precedenti, persino peggiore dei periodi più duri del governo Macri (2015-2019), che segna il totale inappellabile fallimento delle assurde politiche economiche di Milei.

Il crollo dei consumi, riflette un vero e proprio impoverimento accelerato della popolazione. Ipermercati (-7,1%) e piccoli negozi di quartiere (-3,7%) sono deserti, la gente non ha più liquidità nemmeno per gli acquisti essenziali. Settori come le bevande alcoliche (-18%) o la pulizia della casa (-2%) rivelano una società costretta a rinunciare per prima ai beni non strettamente necessari alla sopravvivenza. La vecchia e inutile retorica della “libertà economica” si scontra con una realtà effettiva in cui i salari, negoziati al ribasso su pressione governativa, non coprono più i prezzi dei generi alimentari, già schizzati dopo la svalutazione del 2023 incautamente imposta dal Fondo Monetario Internazionale.

Milei ha cercato di mascherare il disastro con una mossa degna di un manuale di manipolazione statistica: modificare la formula di calcolo dell’inflazione, riducendo artificiosamente il peso degli alimenti (in picchiata al rialzo) a favore dei servizi (meno dinamici). Una truffa politica, non ovviamente una soluzione economica.

Il governo ha festeggiato la rimozione del “cepo cambiario” (controllo cambiario), condizione posta dal FMI per accedere a prestiti miliardari. Ma a quale prezzo? Le riserve della Banca Centrale argentina, gonfiate artificialmente da un +50% grazie ai primi fondi FMI, nascondono una trappola: l’accordo vincola il Paese fino al 2029, con ulteriori tranche di debito (3.000 milioni nel 2024 e 5.000 milioni fino al 2029) subordinati al rispetto di tagli fiscali suicidi. Intanto, settori chiave come l’edilizia e l’automotive registrano aumenti di prezzi a doppia cifra, mentre il potere d’acquisto dei cittadini evapora.

L’ex presidente Cristina Fernández de Kirchner ha colto nel segno definendo queste politiche una “estafa” (truffa): un déjà-vu dei fallimenti storici, dal “blindaje” di De la Rúa (2001) alle ricette del FMI che hanno sempre solamente storicamente aggravato le crisi. Milei ripropone sempre lo stesso copione: svalutazione, inflazione importata, contrazione della domanda interna e dipendenza totale da creditori esteri. Un circolo vizioso che trasforma il debito in una camicia di forza, strangolando qualsiasi prospettiva di crescita economica.

La narrativa di Milei, centrata sull’equilibrio fiscale ottenuto sempre a scapito del benessere sociale e delle spese per il benessere dei cittadini, proprio come accade in questi anni in Europa, ignora volutamente che la recessione autoinflitta è il vero motore inarrestabile del deficit. Senza consumi, senza produzione, senza domanda, l’economia ovviamente si contrae, riducendo drasticamente gettito fiscale e rendendo insostenibile qualsiasi aggiustamento contabile. Oggi l’Argentina è un Paese in cui i poveri superano il 50% della popolazione, l’industria locale soffoca e l’unico “successo” è l’inutile e dannosa approvazione di istituzioni finanziarie internazionali complici della devastazione.

Il neoliberismo fuori tempo massimo di Milei non è solo fallimentare: è un vero e proprio atto criminale. Prometteva libertà e ha solo portato povertà; vantava stabilità e ha scatenato caos inflazionistico; celebrava il libero mercato mentre svendeva il Paese al Fondo Monetario Internazionale. L’Argentina, ancora una volta, dimostra che il fanatismo neoliberista, con il suo odio per gli interventi dello Stato, il suo culto dell’austerity e la sua subordinazione alla finanza globale, non è una politica economica, ma un atto di assurda violenza sociale e odio per i cittadini meno ricchi.

Infatti il calo del reddito della popolazione non è stato per nulla omogeneo, per il 20% più ricco la flessione dei redditi in termini reali è stata molto minore rispetto alla media, mentre il 20% più povero ha subito il calo più significativo. Solo nel primo anno della presidenza Milei nel periodo la disuguaglianza (misurata con l’indice di Gini) nella distribuzione del reddito è aumentata. Quasi due bambini su tre sotto i 14 anni vivono in condizioni di povertà, ma il governo ha comunque ridotto le risorse destinate all’infanzia. Milei si è “distinto” solo perché ha eliminato i sussidi che venivano gestiti da organizzazioni sociali.

Anche la sanità pubblica è sotto forte pressione. Oltre ai tagli di bilancio, soprattutto agli stipendi dei lavoratori degli ospedali che dipendono dal governo federale, si è verificato un aumento di domanda di prestazioni. Infatti, l’aumento dei prezzi delle assicurazioni sanitarie private dopo la liberalizzazione ha spinto molti argentini a rivolgersi all’assistenza pubblica.

L’istruzione ha registrato una riduzione di risorse che è stata circa del 50% su base annua. L’amministrazione Milei ha eliminato il Fondo nazionale per l’incentivazione degli insegnanti, ha sospeso gli interventi infrastrutturali alle scuole e ha tagliato drasticamente i programmi di borse di studio per gli studenti, ovviamente i più colpiti sono gli studenti provenienti dalle classi sociali più povere.

  • Michele BLANCO. Dottore di ricerca in “Diritti dell’uomo e Diritti fondamentali. Teorie, etiche e simboliche della cittadinanza” presso la facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università di Napoli. Tra i suoi saggi più rilevanti si ricordano: “La vera ragione dei diritti umani e la democrazia partecipativa come premessa al reciproco riconoscimento tra i popoli” (2006), “Democrazia deliberativa ed opinione pubblica emancipata” (2008), “Cosmopolitismo e diritti fondamentali” (2008), “Diritti e diseguaglianze. La crisi dello stato nazionale e al contempo dello stato sociale” (2017), “Nota critica a Thomas Piketty, Capitale e ideologia” (2021) “Nota critica a Katharina Pistor , Il codice del capitale. Come il diritto crea ricchezza e disuguaglianza” (2021). “Recensione critica a Thomas Piketty, Una breve storia dell’uguaglianza” (2021). "La politica post-democratica caratterizza, sempre più, il mondo attuale" (2024). "Introduzione al percorso intellettuale di Jürgen Habermas Habermas sociologo o filosofo? Certamente un intellettuale volto alla ricerca costante dell’emancipazione della persona umana", Lanciano, Carabba (2024).

Potrebbe piacerti anche

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da parte di questo sito web.