Quest’anno il Primo Maggio, festa internazionale dei lavoratori, cade in un momento storico che ci impone di tornare con forza a parlare di uguaglianza. In un mondo in cui le disuguaglianze economiche, sociali e ambientali si stanno aggravando — anche a causa di nuove crisi geopolitiche, della transizione digitale e dei cambiamenti climatici — il senso di questa giornata non potrebbe essere più attuale e necessario.
I dati diffusi poche settimane fa dall’Oxfam parlano chiaro: nel 2025 l’1% più ricco della popolazione mondiale possiede quasi il 60% della ricchezza globale, mentre la povertà relativa è tornata a crescere anche nei Paesi occidentali, inclusa l’Italia. Le nuove forme di lavoro, tra piattaforme digitali e contratti precari, hanno minato la dignità lavorativa conquistata in decenni di lotte sindacali. Le lavoratrici e i lavoratori della logistica, della cura, del turismo — spesso migranti o giovani — continuano a essere invisibili, malpagati e senza tutele reali.
Eppure, a fronte di questa realtà, sentiamo ogni giorno raccontare che la crescita economica basta a risolvere ogni problema. Ma crescita per chi? E a quale prezzo per il pianeta, già stremato da disastri climatici che colpiscono sempre i più poveri?
Oggi più che mai il Primo Maggio deve essere un momento non di retorica, ma di rilancio politico e culturale. Dobbiamo affermare che uguaglianza non significa solo redistribuire il denaro, ma redistribuire il potere: il potere di decidere sui luoghi di lavoro, sul territorio, sul proprio tempo di vita. È ora di riaffermare il diritto a un salario minimo dignitoso, alla sicurezza, a un futuro per le nuove generazioni che non sia fatto solo di stage e contratti a termine.
Serve una sinistra che abbia il coraggio di ripartire dalle radici profonde del conflitto sociale, che sappia costruire coalizioni ampie tra lavoratori, studenti, precari, movimenti ecologisti e femministi. Perché senza giustizia sociale non ci sarà giustizia climatica, e senza giustizia climatica nessuna vera libertà.
Il 1° Maggio è una occasione per ricordare le lotte di chi ha conquistato diritti che oggi diamo per scontati.
Tuttavia il Primo Maggio non deve essere solo una memoria: deve tornare a essere un progetto di trasformazione. Un giorno per ribadire che, come diceva Rosa Luxemburg, “chi non si muove, non sente le catene”.
Quest’anno, camminiamo insieme. Per l’eguaglianza. Per il lavoro. Per la vita.