L’8 e 9 giugno 2025, gli italiani saranno chiamati a votare su cinque referendum abrogativi: quattro riguardano lavoro e diritti, uno la cittadinanza. Il quarto quesito tocca un tema delicato e centrale per la sicurezza sul lavoro: la responsabilità del committente in caso di infortuni negli appalti. Il referendum propone di cancellare una parte dell’articolo 26, comma 4 del Testo Unico sulla Sicurezza (D.Lgs. 81/2008), modificato nel 2023, che oggi recita: «Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.»
In parole semplici, la legge attuale esonera il committente da responsabilità civile se l’infortunio è causato da un rischio tipico dell’attività svolta dall’appaltatore. Il referendum chiede di abrogare questa esclusione e tornare a un sistema di corresponsabilità più ampia. La norma che si intende eliminare è stata introdotta dal Governo Meloni con la Legge n. 85 del 2023, presentata come una misura per chiarire i confini tra le responsabilità di chi affida un lavoro e chi lo esegue, e per ridurre il contenzioso tra imprese. Ma per sindacati, giuristi, tecnici della sicurezza e numerose amministrazioni regionali, si tratta di un pericoloso arretramento nelle tutele dei lavoratori. Secondo molti esperti, la norma solleva il committente anche quando l’infortunio è prevedibile e legato direttamente alla sua scelta di appaltatore.
Regioni come Emilia-Romagna, Toscana, Puglia e Campania hanno espresso con atti ufficiali il loro sostegno al Sì, denunciando come questa modifica del 2023 abbia ridotto la protezione dei lavoratori, soprattutto nei settori a rischio come edilizia, logistica, trasporti e manutenzione.
Tra i sostenitori del Sì, il professor Franco Focareta, docente di Diritto del Lavoro all’Università di Bologna, ha dichiarato: «Il ricorso forsennato agli appalti è tra le principali cause di precarietà e pericolo nei luoghi di lavoro. La norma che limita la responsabilità del committente deresponsabilizza chi innesca la catena dei subappalti. Va abrogata.» In caso di vittoria del Sì, verrebbe ripristinata la corresponsabilità del committente anche per gli infortuni legati ai cosiddetti “rischi specifici”. Ne deriverebbe un maggiore controllo sulla filiera produttiva, una più attenta valutazione dei rischi da parte del committente e un rafforzamento del ruolo del DUVRI (Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenze). Ma soprattutto, aumenterebbe la deterrenza verso comportamenti negligenti. Per molti osservatori, la norma oggi in vigore è il frutto di un modello che ha favorito negli anni la frammentazione del lavoro, l’uso massiccio dei subappalti e l’abbassamento delle tutele. E le conseguenze sono visibili ogni giorno nei cantieri, nei magazzini e nelle officine. Come ha ricordato un sindacalista toscano: «Chi muore sul lavoro sono spesso i meno pagati, impiegati nei subappalti a catena. Senza corresponsabilità del committente, il rischio è che nessuno vigili davvero sulla sicurezza.»
Il quesito pone una scelta netta: vogliamo un sistema in cui chi commissiona un lavoro si assuma anche la responsabilità per la sicurezza, oppure accettiamo che il committente resti estraneo, anche quando le sue decisioni contribuiscono a creare situazioni pericolose?
Non è forse il momento di cambiare rotta, soprattutto nei settori dove il rischio è strutturale?
Domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025, i cittadini italiani potranno rispondere.