Orsogna, il 17 gennaio sarà con specifico atto di Consiglio Comunale, il primo Comune italiano a riconoscere “fatto storico rilevante”, il Samudaripen, il genocidio dei Rom avvenuto tra il ’38 e il ’45 da parte dei nazisti e dei loro alleati. La comunità del paese intende così aderire al progetto “Romheritage” sostenuto dal Consiglio d’Europa e che riconosce e valorizza l’itinerario culturale dei Rom in Europa.
Santino Alexian SPINELLI
DAL FOLKLORE AL SINFONISMO. VIAGGIO NEL TEMPO CON LA GUIDA DI ALEXIAN SANTINO SPINELLI
Al Teatro Sperimentale di Pesaro si è celebrata ieri la Giornata internazionale dei rom, sinti e caminanti con un evento artistico culturale originale e di grande spessore con musicisti rom professionisti e qualificati. Un concerto etno-sinfonico che ha segnato il passaggio storico della musica rom dal folklore al sinfonismo dopo 600 anni di presenza delle comunità romanès in Europa e in Italia.
Sul palco Alexian Santino Spinelli alla fisarmonica solista, e i suoi figli, Gennaro al violino solista, Giulia al violoncello ed Evedise all’arpa con l’Alexian Group, hanno interagito con i solisti dell’Orchestra Europea per la Pace e con l’Orchestra Sinfonica G. Rossini, diretta dal M° Nicola Russo.
Il valore culturale del progetto ha avuto anche un importante riconoscimento istituzionale con il video saluto del Direttore generale dell’UNAR, l’Ufficio nazionale Anti discriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Triantafillos Loukarelis e con il video messaggio di Musli Alievski presidente di Stay Human membro del Direttivo Nazionale dell’Unione Delle Comunità Romanès in Italia (UCRI), la più importante organizzazione di rom e sinti in Italia oggi.
La serata è stata anche l’occasione per ufficializzare il sostegno da parte di Pesaro Creative City UNESCO al riconoscimento della Musica Rom come Patrimonio Immateriale dell’Umanità: sul palco insieme al presidente dell’ Orchestra Sinfonica Rossini Saul Salucci ha portato i saluti dell’amministrazione comunale il vice sindaco e Assessore alla Bellezza Daniele Vimini.
Santino Spinelli, in arte Alexian, è un Rom italiano di antico insediamento, musicista, compositore, docente universitario, poeta, scrittore e saggista, recentemente nominato Commendatore dal Presidente Sergio Mattarella, in virtù della sua instancabile opera di diffusione della cultura romanì, ha condotto il pubblico in un viaggio suggestivo, tra suoni e parole, sulle tracce di un popolo millenario.
Dopo l’esecuzione dell’inno delle popolazioni Rom, “Gelèm Gelèm”, il concerto è proseguito con le musiche composte da Alexian Santino Spinelli, oltre che con l’esecuzione sinfonica di brani rom celebri. Il momento più toccante del concerto è arrivato con il “Melologo”, brano del violinista e membro dell’Orchestra Rossini Marco Bartolini, composto appositamente per l’occasione, un connubio di musica e poesia in cui Spinelli ha decantato, in lingua italiana e romanì, le poesie da lui scritte “Auschwitz”, “Per non dimenticare” e “Fiore della Morte” a commemorare il Samudaripen, lo sterminio di oltre 500.000 Rom e Sinti vittime del nazifascismo.
L’evento ha partecipato all’iniziativa “Lo spettacolo dal vivo a sostegno dell’Ucraina”, promossa dal Consorzio Marche Spettacolo, per sostenere le popolazioni ucraine colpite dalla guerra, in collaborazione con l’UNHCR. Il concerto era inserito nel cartellone di Sinfonica 3.0, la stagione invernale organizzata dall’Orchestra Sinfonica G. Rossini, insieme all’Assessorato alla Bellezza del Comune di Pesaro e all’azienda Xanitalia.
Il concerto ha avuto come sostenitori il Meeting delle Etichette Indipendenti (MEI) di Giordano Sangiorgi, la NOVAGRO di Lanciano di Francesco Pace, l’Accademia dei sensi di Napoli, la Federazione Italiana Circoli Cinematografici (FICC), l’associazione Logos Cultura di Pescara, l’ Anpi di Lecce, Gli amici per UNESCO di Galatina e l’Unione delle Comunità Romanès in Italia (UCRI).
Negli anni ’90 i rom scappavano dalla guerra dei Balcani. Erano profughi ma nessuno li voleva. Non trovarono accoglienza, favori mediatici e sociali e braccia aperte come gli ucraini oggi.
E’ il dilemma che molti giovani rom e sinti oggi si pongono di fronte a una realtà in veloce evoluzione, che frantuma i valori tradizionali delle famiglie romanès.
I Campi Nomadi sono una questione etico-morale
I campi nomadi rappresentano una forma orrenda di segregazione razziale e pertanto un crimine contro l’umanità. L’aggravante è che tutto viene mascherato da esigenze culturali inesistenti: i rom e sinti non sono nomadi per cultura poiché la storia ci ha dimostrato che la loro mobilità è sempre stata coatta, figlia di discriminazioni su base etnica e di persecuzioni disumane. Le comunità romanès in ogni epoca, dal XV secolo ad oggi,
Lo sanno tutti ormai. È una verità acquisita. Un dato incontrovertibile per i razzisti e per coloro che sanno tutto su tutti e soprattutto sugli odiati “zingari” sporchi, brutti e cattivi, nomadi che non si vogliono integrare nella società civile. Fra tutti questi stereotipi quello di sottrarre i minori alle proprie famiglie è il più grave e inaccettabile.
I rom e sinti non sono mai stati nomadi per cultura ma la mobilità è sempre stata coatta e figlia di persecuzioni disumane non rilevate dagli storici ufficiali e di corte. Ecco allora campagne mediatiche ben preparate e reiterate al momento giusto. Tutto pianificato e tutto prestabilito come sempre, come ovunque.
I quartieri-ghetto e i campi nomadi non dovrebbero esistere in una società civile, moderna ed evoluta. Il ghetto sancisce un’appartenenza e una condizione sociale che si imprime nella coscienza collettiva definendo di fatto una cittadinanza di serie A e una cittadinanza di serie B, i campi nomadi sanciscono addirittura una cittadinanza serie Z (zingari, con un carico dispregiativo). In pratica si stabilisce una classificazione sociale che spesso diventa razziale essendo che nei ghetti e nei campi nomadi vengono destinati stranieri e cittadini indesiserati come i rom e sinti. Il ghetto o il campo nomade diventa luogo per esseri umani declassificati e per le fascine sociali deboli con tutto ciò che questo comporta a livello sociale, culturale, economico e politico. Chi abita nel ghetto o nel campo nomadi viene etichettato e ha molte più difficoltà nell’inserimento scolastico, sociale ed economico. Spesso l’interazione delle fascie deboli avviene solo nel loro interno creando di fatto un circolo vizioso e fenomeni sociali deviati. Da parte delle istituzioni gli interventi sono quasi sempre a carattere assistenziale che influisce molto anche a livello morale e psicologico con conseguenze sul piano dell’autostima e della rassegnazione. La disillusione diventa così nemica della società civile. È facile nel ghetto o nel campo nomadi acquisire la sindrome da ghetto che favorisce devianza, bullismo, violenza. In questi non luoghi si creano economie di sopravvivenza a discapito della società civile.
Ogni essere umano avrebbe diritto ad un alloggio non etichettato. Andrebbero incoraggiati lo studio e la formazione, le attività ludiche e sportive, gli eventi artistici e culturali, ma soprattutto andrebbero sostenute e agevolate il lavoro e le attività economiche. Tutto ciò eviterebbe che il ghetto o il campo nomadi diventasse un ricettacolo di attività illegali da cui è difficilissimo sottrarsi.
Il ghetto, e ancor di più il campo nomadi, sempre più giustifica una costante attività di supremazia sui più deboli a tutela esclusiva dei più forti e delle classi più abbienti, facilitando lo sciacallaggio attraverso il becero assistenzialismo. In sostanza il ghetto e il campo nomadi sono espressioni di egoismo allo stato puro e prevaricazione di ogni diritto minimo di sicurezza e di sopravvivenza, espressione di arroganza e di prepotenza che inevitabilmente viene restituita dalle vittime alla società civile come un fatale boomerang. Il ghetto e sempre più il campo nomadi sono i non luoghi o pattumiere sociali che stabiliscono la linea di confine fra la civiltà e l’esclusione.
Il ghetto e il campo nomadi imprimono una disparità sociale da superare e sottolineano un limite culturale prima che socio-politico. Evidenziano di fatto una situazione o condizione tale da circoscrivere e limitare lo sviluppo dell’attività delle persone o gruppi specifici e ne dequalifica l’incidenza sociale.
I campi nomadi sono forme orrende di segregazione razziale indegni di un Paese civile, espressione di un classismo antidemocratico e antisociale che andrebbero evitati e superati a vantaggio di tutta la collettività. Si spendono miliardi e miliardi di euro per assurdi armamenti ma non si spende abbastanza o si risparmia sulla pelle di cittadini inermi a cui arrivano solo progetti fasulli e inutili nonostante i milioni di euro sperperati. Le leggi razziali, abrogate nella legislazione, sembrano essere ancora in vigore nella testa e nel cuore di troppi amministratori e di tanti politici corrotti. Sono soprattutto rom e sinti a pagarne le conseguenze sotto lo sguardo indifferente dell’opinione pubblica che viene lasciata nella più completa disinformazione.
I politici e le istituzioni sono al corrente ma fanno orecchie da mercanti.
Eppure con poco si potrebbe fare tanto a vantaggio di tutti, purtroppo manca una reale volontà politica e istituzionale per superare questa situazione.