IL MOLISE AL VOTO IN PRIMAVERA

di Nicola OCCHIONERO

Cinquantasei comuni molisani saranno chiamati al voto in primavera per il rinnovo dei consigli comunali e l’elezione dei sindaci: nulla di nuovo. Come da prassi, iniziano i soliti balli dei moscerini tra gruppuscoli ispirati perlopiù da alterigia o dal risentimento, il tutto condito con un pò di retorica scopiazzata dai siti internet per la scrittura di un programma che non si conosce, non si presenta e non interessa all’elettore.

Sentiremo probabilmente citare alcuni nomi di professionisti noti, di dispensatori di cortesie e piaceri vari, dei figli di Tizio o Caio e così via; qualcuno sognerà progetti innovativi senza sapere dove attingere le risorse economiche e finanziarie, altri penseranno a come sistemare lottizzazioni penalizzate dal mercato e dal piano regolatore, altri ancora daranno sfogo al proprio ego e si ridurranno a fare la cresta su piccoli e grandi appalti.

In uno scenario sconfortante, vien da se che coloro che cercano una luce nella notte decidono di avviarsi per una strada alternativa e irta di ostacoli, tutti quelli citati.

Gramsci, scriveva in Lettere dal carcere: “[…] non lasciarti sommergere dall’ambiente paesano e sardo (potremmo dire molisano): bisogna sempre essere superiori all’ambiente in cui si vive, senza perciò disprezzarlo o credersi superiori”.

L’esortazione di Gramsci rimane immutata nel tempo, adatta a tutti i luoghi e le circostanze politiche, ancora di più nel secolo delle illusioni e delle menzogne rese veritiere da una comunicazione artificiale che è alienante per i rapporti umani, ma globalizzante per il controllo delle menti. È il secolo delle guerre per interposta nazione, delle consorterie che controllano parlamenti, governi e finanza, delle lobby che modellano la società dei consumi, dei consumatori (ex cittadini) nuovi sudditi da governare, della scuola funzionale alla produzione capitalistica, della non-cultura che sminuisce la cultura con la “C” maiuscola, dei mediocri ipocriti che si ergono a governanti di ampie vedute.

Pensando all’apparato politico regionale nel Molise, la situazione è ancora più sconfortante: amministratori dediti alle speculazioni nell’eolico, nella sanità privata, nel trasporto pubblico, negli enti eternamente commissariati, nella spartizione delle vesti dei lavoratori cassintegrati e in mobilità.

In questo scenario c’è un popolo che vota. Ha già votato nuovamente i politicanti del centrodestra alle ultime regionali, nonostante l’evidente fallimento amministrativo, è bastato defenestrare un presidente megalomane, un pò come indossare abiti puliti senza farsi la doccia, a questo si è aggiunta l’astensione e il gioco è fatto.

I politologi in mala fede ritengono che sia ormai questa la prassi da attuare per consolidare la tenuta dell’élite di governo, bisogna a tutti i livelli fare in modo che le consorterie scoraggino e banalizzino il voto, attraverso mille rivoli si crea un fiume di malcontento che ormai sfocia nell’astensione, fatti salvi alcuni paesi europei dove invece monta anche la protesta popolare, ma in Italia no, non si può, altrimenti si rischia di essere schedati come i manifestanti dinanzi il Teatro alla Scala lo scorso 7 Dicembre, mentre andava in scena il “Boris Goudonov”.

Torniamo a casa nostra. Riusciranno i molisani a votare in libertà di coscienza per una volta nella vita? A dire il vero c’è una parte di Molise che prova disgusto per il malcostume imperante, che a macchia di leopardo dà vita a luoghi di confronto, promuove circoli culturali, comitati ambientalisti, comitati elettorali, giornali locali. Insomma, una resistenza sempre meno silenziosa si è messa in cammino, lento, ma pur sempre un cammino.

“Noi non siamo dei manichei: siamo tutti uomini operanti e ispirati ad una visione larga della vita”, asseriva Giorgio La Pira nel suo discorso di insediamento alla guida della città di Firenze nel 1951, citazione che potrebbe lasciare spazio ad ampie riflessioni, una esortazione che al pari di Gramsci invita all’intervento fattivo nella vita delle comunità locali senza la necessità di ricercare paradigmi fuorvianti, piedi saldi a terra e sguardo verso l’orizzonte, mente e cuore protesi alla ricerca del bene comune. In fondo, come scrisse Dostoevskij, “l’uomo per se stesso non è nulla”.

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1 Commento

Antono Murena 12 Gennaio 2024 - 20:48

Ripetiamo per diversi giorni per far sì che tanti capiscano in che mondo viviamo.

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