I papi che hanno pagato il prezzo per una Chiesa povera. Breve autopsia del potere
Papa Francesco è morto. E con lui, forse, si chiude una stagione di coraggio e di rivoluzione silenziosa dentro i palazzi del potere vaticano. Il suo resterà nella memoria come un pontificato che ha avuto l’audacia di mettere in discussione le fondamenta di un sistema secolare, consolidato nei privilegi, nell’opacità e nell’autoconservazione.
Ha cercato una Chiesa più povera, più autentica, spogliata di orpelli e mondanità.
Papa Bergoglio ha denunciato con forza la corruzione del clero, ha fatto processare cardinali, ha preteso trasparenza dove da secoli regnavano silenzio e fumo. Ma la reazione del potere non si è fatta attendere: all’interno della Curia si è presto formata una cordata, un’opposizione organizzata, fatta di boicottaggi, fughe di documenti, veleni. In quel sistema, lui era il corpo estraneo.
La storia della Chiesa è segnata da vari tentativi di riforma della Curia romana, spesso ostacolati proprio da resistenze interne. Nell’epoca moderna, il primo forte scossone fu dato da Giovanni Paolo I, Albino Luciani, eletto il 26 agosto 1978. Il suo pontificato fu brevissimo, poco più di quattro settimane, giusto il tempo per annunciare le sue intenzioni: toccare il cuore del potere, lo IOR, la banca vaticana, da anni al centro di scandali e legami oscuri.
Come prima cosa volle rimuovere monsignor Paul Marcinkus, allora presidente dello IOR, legato a Michele Sindona, mafioso e piduista, e a Roberto Calvi trovato impiccato a Londra nel 1982 senza colpevoli. All’epoca lo IOR era il principale azionista del Banco Ambrosiano e vennero fatte operazioni bancarie ritenute spregiudicate. “Un vescovo non può dirigere una banca”, diceva Luciani. Il vescovo Camisasca, suo biografo, dichiarò: “Voleva cambiare davvero. E sapeva chi doveva togliere di mezzo”. Non ne ebbe il tempo. Papa Luciani morì 33 giorni dopo, il 28 settembre. Morto ufficialmente per infarto, ma non c’è stata alcuna autopsia. E quella morte resta un buco nero nella storia della Chiesa.
Dopo Giovanni Paolo II, che non affrontò mai fino in fondo la questione IOR, toccò a Benedetto XVI provarci. Uomo colto, raffinato, ma isolato. Nel 2010 istituì l’Autorità di Informazione Finanziaria e cercò di riformare la struttura. Ma nel 2012, dopo l’allontanamento del presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi, l’economista laico messo a controllare la finanza vaticana, Ratzinger capì subito che neppure un papa ha il controllo della macchina. Le condizioni in cui si trovava furono chiare quando dichiarò senza mezzi termini “Il demonio è dentro queste mura”. E il 28 febbraio 2013, all’improvviso rassegnò le dimissioni pubblicamente. Apparentemente fu una resa; in realtà fu il passaggio del testimone. Papa Ratzinger aveva un chiaro piano in mente e l’uomo chiave del suo piano era il pauperista gesuita Jorge Mario Bergoglio.
Con Papa Francesco la lotta si trasformò in guerra aperta. Nel dicembre 2014, durante gli auguri natalizi alla Curia, elencò le sue “15 malattie”: la Curia è affetta da “carrierismo, schizofrenia, vanagloria”. Vescovi e cardinali li ha definiti come “accumulatori di beni con un vuoto d’animo”. Un discorso spietato, chiuso con un caloroso consiglio: “Fatevi Curare!”. E poi ancora, in una uscita pubblica, riferendosi a scandali vaticani esclama “io mi vergogno!”. Insomma, la curia non godeva della sua stima.
Poi mise mano allo IOR. Ne epurò i vertici, lo fece uscire dalla black list dei paradisi fiscali, tolse l’immunità ai cardinali. Angelo Becciu, ex sostituto della Segreteria di Stato, fu processato e condannato nel 2023 per peculato e abuso d’ufficio. Non tutto, però, funzionò. Le resistenze interne non si placarono mai. La Commissione COSEA dopo poco affondò tra scandali e fughe di notizie (Vatileaks 2).
E ora? Il prossimo Papa avrà il coraggio di continuare questa battaglia? O torneremo a una Chiesa sontuosa e potente; anzi a dirla con le parole del papa “malata”?. Una cosa è certa, “Morto un Papa, se ne fa un altro”, una formula cinica che, in fondo, significa solo una cosa: il potere non conosce lutto, tira dritto senza pause. Un ultimo dettaglio, Papa Francesco, per sua volontà, ha chiesto di essere sepolto fuori dal Vaticano e che il suo funerale non fosse pagato dalla Santa Sede, ma da un benefattore. Anche nell’ultimo gesto ha rifiutato i privilegi, restando lontano da quel palazzo che ha provato, forse invano, a bonificare.