Toglie ai poveri per dare ai ricchi potrebbe essere lo slogan della marcia su Washington di un sempre più pericoloso Donald Trump.
Con il ritorno sulla scena politica di Donald Trump e la sua solita retorica nazionalista, tornano anche i dazi doganali come strumento di politica economica. A prima vista potrebbero sembrare una mossa a favore dei lavoratori americani, un modo per “proteggere l’industria nazionale” dalla concorrenza straniera. Ma a ben vedere, la realtà è un’altra: la politica dei dazi voluta da Trump è un meccanismo regressivo che, dietro la facciata patriottica, finisce per premiare (come al solito) i ricchi e punire le classi popolari.
I dazi fanno salire il prezzo dei beni importati. Questo significa che le famiglie a basso reddito – che già destinano gran parte del proprio stipendio all’acquisto di beni di consumo – si trovano a pagare di più per prodotti di uso quotidiano, dall’abbigliamento all’elettronica, fino al cibo. Mentre per le fasce più ricche, che possono permettersi alternative locali più costose o semplicemente assorbire l’aumento, l’impatto è minimo.
Nel frattempo, le grandi imprese protette dai dazi (spesso sostenitrici dello stesso Trump) godono di profitti maggiori senza reali incentivi a migliorare condizioni di lavoro o salari. Nessuna “ri-nazionalizzazione” della produzione, nessuna rivoluzione industriale americana: solo più margini per chi sta già in alto.
In sostanza, quella di Trump non è una politica per il popolo, ma un’altra forma di redistribuzione al contrario: dai poveri ai ricchi. E mentre Wall Street sorride, chi vive con un salario minimo paga il prezzo – letteralmente – di questa propaganda travestita da patriottismo economico.
Si tratta di una scelta illogica e fuori dal tempo poiché viviamo in un modo sempre più interconnesso e globalizzato. Se andrà avanti, Trump farà una frittata! O forse neanche quella, visto che sugli scaffali dei negozi statunitensi già mancano le uova per Pasqua che si cercano in Veneto, la regione maggiormente produttrice in Italia. Questa vicenda della uova, che può sembrare poca cosa, ci fa capire come sia controproducente bloccare il commercio con dazi e minacce, eppure si insiste con danni irreparabili per tutti! Aspettando che torni un po’ di ragionevolezza, auguro ai lettori una Buona Pasqua 2025.