DISEGUAGLIANZE  DI  SALUTE

di admin

Fra le più grandi sfide che tutte le nazioni dovrebbero sostenere vi è sicuramente quella della lotta alle diseguaglianze nell’accesso alla salute. L’accesso universale alla salute è sostegno per chi ti       è vicino ed, al tempo stesso, strumento di promozione dei popoli. Sebbene non fa notizia l’aumento delle disuguaglianze tra i paesi europei, allorché si parla di salute, tante sono le storie di diritto negato alle persone.

In Italia si osservano significative differenze di speranza di vita, morbosità e disabilità tra i diversi gruppi sociali: le persone più abbienti e con un più alto livello di educazione stanno meglio, si ammalano di meno e vivono più a lungo mentre sono sempre i poveri ed i non abbienti in genere a portare la peggio non avendo le disponibilità economiche per accedere a forme onerose di protezione della salute. Allo stesso modo, le regioni italiane più povere mostrano indicatori di salute meno favorevoli, del resto anche il livello di consapevolezza e attenzione al tema delle disuguaglianze di salute è significativamente diverso tra le Regioni italiane. Così per alcuni gruppi di persone, grazie al loro status socio-economico, è più facile proteggere la propria salute rispetto ad altri; questo mentre le liste di attesa sono sempre più lunghe a svantaggio di chi il controllo lo dovrebbe fare con urgenza ed, invece, finisce per vivere in condizioni precarie di salute o, addirittura, di morire prematuramente.

Sono queste le ragioni per le quali nel 1978 veniva fondato il SSN che, come ci ricorda in questi giorni l’appello di un gruppo di scienziati italiani, ha contribuito a produrre il più marcato incremento della aspettativa di vita (da 73,8 a 83,6 anni) tra i Paesi dell’occidente. Un sistema che oggi è entrato in crisi a causa dell’evoluzione tecnologica, dei radicali mutamenti epidemiologici e demografici e, soprattutto, delle difficoltà della finanza pubblica che hanno reso fortemente sottofinanziato il nostro SSN. La crescente crisi economica, che l’Italia sta attraversando, ha fatto impoverire il nostro paese che spende poco, quando non anche male, in diritto alla salute dove, al contrario, dovrebbe aumentare la spesa pubblica in sanità quale scudo contro l’aumento della povertà assoluta che colpisce tutti i gruppi più vulnerabili: le famiglie numerose, i nuclei monogenitoriali con figli a carico, gli immigrati, le aeree del Mezzogiorno o le persone che risiedono nelle aree più deprivate di un territorio urbano dove è doppia la probabilità di abitare nei pressi di un sito inquinato o di una discarica. Alti livelli di salute aumentano la coesione sociale e fanno diminuire le tensioni ed i disordini sociali, inoltre aiutano a migliorare tutti gli indicatori  delle economie interessate che, così, a loro volta generano ulteriore benessere sociale. L’assenza della malattia è la chiave di una vita felice e buone condizioni di salute sono fra quegli elementi che evitano all’individuo di cadere in condizioni di povertà. Dovremmo interrogarci più spesso sulle diseguaglianze di salute, sapere quanti soggetti ne sono colpiti oppure se esse sono evitabili. Trovare una soluzione a questi interrogativi significa ridare una speranza a migliaia di persone a cui vengono negate le cure e, dunque, ridotta l’aspettativa di vita.

In Italia, come recita l’articolo 32 della nostra Costituzione, la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Nei fatti sempre più spesso il governo e le amministrazioni regionali intervengono in materia sanitaria per garantire la tenuta dei conti pubblici finendo con l’impattare sulla possibilità per ogni cittadino di godere nella propria regione degli stessi livelli di assistenza previsti nelle altre regioni. Le regioni hanno difficoltà ad erogare i trattamenti sanitari per motivi di bilancio, eppure questo si scaglia contro il diritto del paziente all’accesso al trattamento previsto dal suo medico curante ed al percorso terapeutico migliore per la sua salute. In questo contesto l’autonomia differenziata rischia di fare da detonatore fra il Nord ed  il Sud del Paese ampliando ulteriormente il divario esistente fra loro in termini di qualità del diritto alla salute.

È perciò ormai improcrastinabile un piano straordinario di finanziamento dell’SSN, che preveda specifiche risorse volte alla rimozione degli squilibri territoriali, appostando somme almeno pari agli standard dei Paesi europei più avanzati e non il misero 6,2% del PIL (meno di quello che si assegnava 20 anni fa) da noi previsto  per  l’anno  2025.

Autori

Potrebbe piacerti anche

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da parte di questo sito web.

?>