PATRIARCATO E DISEGUAGLIANZA

di Vincenzo NOTARANGELO

Nella società contemporanea la maggior parte delle donne vive ancora in una condizione di minore libertà ed autonomia rispetto agli uomini. In fondo in Italia l’introduzione del divorzio, la cancellazione del delitto d’onore e la riforma del diritto di famiglia sono relativamente recenti; fino al 1996 lo stupro era considerato un reato contro la morale e non contro la persona!

Permangono, tuttavia, delle aree ancora fortemente improntate a logiche discriminatorie su base sessuale ed è possibile, analizzando tali situazioni, capire come siano forti e profonde ancor oggi le radici del sistema patriarcale.

La società patriarcale corrisponde al quel genere di organizzazione sociale in cui gli uomini assumono il pieno dominio di ogni sorta di potere, da quello politico a quello economico, da quello spirituale a quello familiare.

Il patriarcato, in quanto fondato sulla qualità di genere, non ha una spiegazione logica o etica, ma ha solo matrice autocratica, legittimata dalla tradizione che si basa su una filiera esclusivamente maschile. Ovviamente, nei tempi moderni, il patriarcato ha attenuato la sua impronta patrilineare e viene riferito, più generalmente, al sistema sociale in cui il potere è prevalentemente detenuto da uomini adulti

Il patriarcato tenta di strutturare all’interno della società una condizione della donna, in cui il massimo grado di realizzazione femminile consiste nell’astensione dal lavoro e nella cura della famiglia e della casa. Casa e famiglia, difatti, diventano l’unico scenario del quale può far parte la donna.

Ciò che il patriarcato occulta con molta attenzione è che l’esclusione delle donne priva l’intera società di intelligenze e quindi di un più rapido progresso e,  quindi, di un miglioramento economico generalizzato.

Reazione a questa situazione è il cosiddetto “femminismo della differenza” con cui le donne ritengono che, per risolvere problemi di ingiustizia e disparità, il liberalismo e il socialismo non bastino e che la risposta debba essere più radicale. La radicalizzazione viene realizzata attraverso la formulazione di un discorso centrato non più sull’uguaglianza, ma sulla differenza tra uomo e donna. In realtà è proprio la “non eguaglianza” che, di fatto, costituisce il motore del patriarcato. La valorizzazione delle differenze non richiede che si ripudi l’eguaglianza, ma piuttosto che la si prenda sul serio. Essa richiede che proprio in nome dell’eguaglianza dei diritti fondamentali si conduca una lotta nei confronti dell’oppressione di individui e|o di gruppi e si procededa alla predisposizione di una efficace tutela giuridica contro gli stereotipi di genere.

La questione, semmai, è quella di portare avanti il percorso intrapreso sia sul piano sociale che giuridico eliminando quelle sacche in cui non sono sullo stesso piano i diritti delle donne rispetto a quelli degli uomini. E’ il caso, citato da molti osservatori, delle procedure concorsuali di reclutamento, in cui ancora persistono requisiti di accesso smaccatamente discriminatori, dovuti a fattori fisici (quali ad es. l’altezza), ben sapendosi che tali limiti penalizzano maggiormente, in percentuale, le donne rispetto agli uomini. Si pensi ai troppi crimini consumati ai danni delle donne e alla triste necessità di dover approvare codici rossi e misure antiviolenza; crimini che trovano spiegazione nel modello patriarcale imperante e nella non realizzata parità della donna. Sono le code di un processo di emancipazione ineluttabile ma, che per completarsi, necessita della sensibilità e del contributo di ognuno di noi ove il “convincimento”, più che le sole misure coercitive, ci consentiranno di ottenere i risultati sperati. Solo destrutturando il contesto socio-culturale su cui prospera il patriarcato  la partita potrà essere vinta.

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