LA SPARIZIONE DEI GIOVANI ITALIANI: QUASI 5 MILIONI IN MENO IN 30 ANNI

di Michele BLANCO

L’Istat ha presentato il suo rapporto annuale 2024, ricchissimo di dati sul nostro paese.

Uno dei dati sicuramente il più preoccupante riguarda i nostri giovani: che stanno letteralmente sparendo.

Non è una novità, il calo demografico è fenomeno in atto da molti anni, ma i numeri sono d’avvero impressionanti.

Ecco i dati reali:

GIOVANI   18-34enni  IN  ITALIA

Nell’anno  1994  erano 15milioni183mila990

Nell’anno  2023  si sono ridotti a 10milioni331mila631

CALO PERCENTUALE  – 32,3%

CALO NUMERICO  – 4milioni852mila359

Il fenomeno riguarda l’intera Unione Europea ma il caso italiano è assolutamente il più grave e marcato, solo la Bulgaria ha una percentuale di giovani sulla popolazione generale più bassa di quella italiana.

La diminuzione è notevolissima e diffusa in tutte le regioni italiane. Al sud i giovani sono percentualmente più numerosi ma è anche la zona più pesantemente colpita dalla flessione (la percentuale resta più alta della media nazionale perché si partiva da una quota altissima di giovani, ma appunto sta calando rapidamente).

Le conseguenze della mancanza dei giovani sono tante.

Un esempio? La difficoltà di reperimento di giovani per certe attività lavorative: spesso si addebita ad altri motivi (pensate ai commenti assolutamente inadeguati e ingiusti tipici che troviamo sui social “non hanno voglia di lavorare”).

Il punto fondamentale è che proprio i giovani non ci sono proprio: non sono nati.

In Italia da anni si parla di inverno demografico.

Alcune ricerche ci dicono che vi è il giudizio di insufficienza sulle attuali politiche a supporto della famiglia che viene dato da più di un italiano su due (52%). L’insoddisfazione è omogenea in tutto il paese.

Il confronto con il panorama europeo fa emergere un giudizio ancora più critico: per quasi 7 italiani su 10 (66%) le politiche italiane di sostegno alla famiglia e alla genitorialità sono inferiori alla media europea, opinione espressa, in particolare, da chi ha figli (73%).

Tra le iniziative anti-denatalità, l’assegno universale per i figli a carico e il rafforzamento delle politiche di sostegno per spese educative e scolastiche sono le più apprezzate dagli italiani (ciascuna con il 58%). A seguire la riforma dei congedi parentali e il supporto ad un maggiore protagonismo degli under 35 (ciascuna con il 55%).

Interessante notare come le aziende possono avere un ruolo nel favorire la natalità: per 6 italiani su 10 una maggiore flessibilità lavorativa a favore dei lavoratori potrebbe favorire la genitorialità in Italia. In particolare, vengono apprezzate la flessibilità di orario di entrata e uscita (29%), il lavoro da remoto integralmente o in parte (26%) e la settimana lavorativa corta (24%).

Istituire un asilo nido all’interno dell’azienda piace al 30% degli italiani

Molti risultati di varie ricerche evidenziano come tra chi non ha figli prevalga il desiderio di averne (36%).

Tutte le ricerche concordano su un dato: tra coloro che rimandano o non progettano di avere figli, la motivazione principale sia lavorativa (35%), soprattutto nel Sud e Isole (44%). Nel dettaglio, la mancanza di un lavoro stabile (17%) e l’inconciliabilità tra carriera e desiderio genitoriale (16%) sono i principali deterrenti.

A livello nazionale, le ragioni economiche sono la seconda motivazione alla base della decisione di non volere figli (34%), ma diventano il primo deterrente per il Nord (37%), soprattutto a causa dell’aumento del costo della vita in relazione al proprio reddito. Un piccolo giudizio personale mi fa concludere che la mancanza di serie politiche sociali da parte dello Stato sono la prima causa della denatalità nel nostro Paese.

Autore

  • Michele BLANCO. Dottore di ricerca in “Diritti dell’uomo e Diritti fondamentali. Teorie, etiche e simboliche della cittadinanza” presso la facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università di Napoli. Tra i suoi saggi più rilevanti si ricordano: “La vera ragione dei diritti umani e la democrazia partecipativa come premessa al reciproco riconoscimento tra i popoli” (2006), “Democrazia deliberativa ed opinione pubblica emancipata” (2008), “Cosmopolitismo e diritti fondamentali” (2008), “Diritti e diseguaglianze. La crisi dello stato nazionale e al contempo dello stato sociale” (2017), “Nota critica a Thomas Piketty, Capitale e ideologia” (2021) “Nota critica a Katharina Pistor , Il codice del capitale. Come il diritto crea ricchezza e disuguaglianza”, 2021. “Recensione critica a Thomas Piketty, Una breve storia dell’uguaglianza”  2021.

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