Negli ultimi anni, il tema dell’eguaglianza legata al lavoro è tornato prepotentemente al centro del dibattito politico in Italia e in Europa. Le disuguaglianze economiche e sociali, amplificate dalla pandemia e dalle crisi economiche globali, mostrano quanto sia urgente un intervento deciso per garantire opportunità reali e paritarie a tutte e tutti. In Italia, il tasso di disoccupazione giovanile resta drammaticamente alto, così come il divario salariale di genere. Le donne continuano a guadagnare meno degli uomini a parità di mansioni, e troppo spesso le lavoratrici sono costrette a scegliere tra carriera e vita familiare. Questo fenomeno, noto come “soffitto di cristallo”, è una delle manifestazioni più evidenti di un sistema lavorativo che perpetua le disuguaglianze anziché combatterle. A livello europeo, le istituzioni hanno tentato di promuovere politiche per il lavoro dignitoso e inclusivo. Dal salario minimo europeo alla direttiva sulla trasparenza salariale, si intravedono segnali positivi, ma restano molte sfide. La precarietà dilagante, la mancanza di tutela per i lavoratori delle piattaforme digitali e la crisi climatica impongono una revisione radicale del modello economico e sociale. La sinistra ha il dovere storico di affrontare queste sfide con coraggio e visione. Non basta più rivendicare diritti: è necessario costruire un nuovo patto sociale che ponga al centro il lavoro di qualità, la sostenibilità ambientale e la giustizia sociale. Un reddito minimo garantito, la riduzione dell’orario di lavoro e investimenti massicci nell’istruzione e nella formazione sono strumenti indispensabili per realizzare questa transizione. Il progresso tecnologico, se adeguatamente governato, può diventare un alleato nella lotta alle disuguaglianze. Tuttavia, senza regole chiare, rischia di accentuare le divisioni, creando nuove forme di sfruttamento. Per questo, la regolamentazione del lavoro digitale e l’inclusione dei lavoratori autonomi e precari devono essere priorità immediate. Infine, è fondamentale ripensare il ruolo dei sindacati e delle altre forze progressiste. Solo unendo le forze è possibile contrapporsi a un sistema che privilegia il profitto a scapito della dignità umana.
Editoriali
L’EGUAGLIANZA, REQUISITO ESSENZIALE PER UNA SOCIETÀ GIUSTA: IL CAMBIAMENTO È NELLE NOSTRE MANI
In un mondo caratterizzato da disuguaglianze crescenti, l’eguaglianza rimane una delle più grandi sfide del nostro tempo. È facile evocarla nei discorsi, più difficile tradurla in pratiche concrete che trasformino la società. Ma è proprio questa trasformazione che rappresenta la sfida più urgente per chi, come noi, crede nella costruzione di una società più giusta, solidale e inclusiva.
Le disuguaglianze economiche continuano a crescere a un ritmo allarmante. Una piccola élite detiene una porzione sproporzionata della ricchezza globale, mentre milioni di persone lottano per accedere ai beni essenziali. Questo non è solo un problema di giustizia sociale, ma anche di democrazia: quando la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi, anche il potere politico tende a seguire la stessa direzione, minando il principio di rappresentanza.
Ma l’eguaglianza non è solo economica. È anche sociale, culturale e di genere. Le donne continuano a essere sottorappresentate nei luoghi di potere e sovrarappresentate nei settori lavorativi più precari. Le discriminazioni razziali, religiose e sessuali permeano ancora le istituzioni e la vita quotidiana. E l’accesso ai diritti fondamentali, come l’istruzione e la salute, è tutt’altro che equo.
Le sinistre hanno un ruolo cruciale in questa battaglia. No, non sono passate di moda e al contempo non possono limitarsi a denunciare le ingiustizie.
Tocca a noi, a tutti noi uniti da un ideale antico, nobile ma sempre più attuale, proporre soluzioni concrete, coraggiose e soprattutto sistemiche. Ciò significa lottare per un sistema fiscale progressivo, che redistribuisca la ricchezza in modo equo. Significa investire in servizi pubblici universali e gratuiti, come la scuola e la sanità, che siano un baluardo contro la disuguaglianza. Significa anche promuovere politiche attive per l’inclusione, come il salario minimo garantito, il diritto all’abitazione e la parità di genere nei luoghi di lavoro.
L’eguaglianza non è un’utopia irraggiungibile. È una scelta umana e morale, prima che politica. Ogni passo verso un mondo più equo è una vittoria collettiva, un segnale che il cambiamento è possibile. Ma per raggiungerla, è necessaria una mobilitazione che parta dal basso, che coinvolga ogni cittadino, ogni lavoratore, ogni comunità.
È tempo di agire. Non c’è eguaglianza senza giustizia sociale, e non c’è giustizia sociale senza il coraggio di immaginare un futuro diverso dal presente. Il cambiamento è nelle nostre mani.
Nell’attuale panorama globale, la guerra tra Russia e Ucraina come quella di Gaza continua a generare scompiglio e incertezza in tutta la comunità internazionale. Il conflitto fa emergere temi universali di eguaglianza e giustizia che richiedono attenzione urgente. In questo contesto di crisi umanitaria di vasta portata, con milioni di sfollati e una devastazione estesa delle infrastrutture civili, la questione dell’eguaglianza assume molteplici aspetti, dalla distribuzione degli aiuti umanitari alla rappresentanza politica nei negoziati di pace. Una delle principali preoccupazioni riguarda l’accesso equo agli aiuti umanitari. Un altro aspetto cruciale è la rappresentanza nei processi decisionali. Promuovere l’eguaglianza significa assicurare che tutte le parti abbiano un posto al tavolo delle trattative e che i diritti umani siano al centro di qualsiasi accordo. Alla comunità internazionale il compito di rimanere vigile al riguardo
L’augurio è che il Parlamento Europeo che verrà eletto nei prossimi giorni sia composto da membri che si rivedano nei «valori della libertà, dell’uguaglianza e della tolleranza».
Per onestà va detto che la campagna elettorale, almeno in Italia, è stata inadeguata nei contenuti, ripiegata su temi demagogici che poco hanno a che fare con l’Europa, e dal profilo bassissimo fino ad arrivare a chi, per qualche passaggio televisivo in più, ha invitato a votarlo disegnando il simbolo della “X MAS”.
Quale idea d’Europa si ha? Quale ruolo e quali poteri assegnarle in futuro?
Poteva essere una campagna elettorale in cui ci si occupava del costante divario fra i pochi ricchi e la sempre più crescente moltitudine di non abbienti, ormai sprovvisti delle cose più elementari, a cui si nega la possibilità di soddisfare anche i diritti fondamentali ed i bisogni primari quali il lavoro, la salute, l’abitazione, l’istruzione, l’alimentazione, ecc. ed, invece, nessuna critica vera al neoliberismo che continua ad essere per tutti la ricetta da seguire, mentre è chiaro che il sistema non regge più e la già precaria situazione è destinata solo a peggiorare.
L’idea e gli ideali che mossero la costituzione dell’Unione appaiono essere in crisi e si è lontani dal realizzare quella “sobria proposta di creare un potere democratico europeo” pensata da Altiero Spinelli.
Occorrerebbe che il nuovo Parlamento Europeo ingaggi una lotta contro il lavoro sottopagato e precario camuffato in crescita da indici, quali il PIL, funzionali solo alle politiche liberiste e, ancora, promuova effettivamente la diversità e l’uguaglianza, in primis l’eguaglianza al lavoro.
Al nuovo Parlamento Europeo inoltre il compito di spingere gli Stati Membri a favorire in ognuno di essi l’uguaglianza e l’inclusione sociale di minoranze etniche e religiose, assicurandosi che nessun cittadino sia lasciato indietro.
Ecco che le elezioni europee acquistano un significato vero.
È necessario rilanciare l’idea degli Stati Uniti d’Europa se si vuole realizzare un’Europa sociale ed inclusiva perché il progetto di federazione europea, per dirla con le parole di Spinelli, non è un bell’ideale a cui rendere omaggio né un invito a sognare, ma un invito a operare e ad agire ora, nella nostra attuale generazione.
Un principio lontano dall’essere pienamente attuato è quello del diritto al lavoro delle persone con disabilità. Esso è previsto e riconosciuto dall’art. 27 della Convenzione delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità ed è stato recepito anche dal legislatore italiano.
Fra le più grandi sfide che tutte le nazioni dovrebbero sostenere vi è sicuramente quella della lotta alle diseguaglianze nell’accesso alla salute. L’accesso universale alla salute è sostegno per chi ti è vicino ed, al tempo stesso, strumento di promozione dei popoli. Sebbene non fa notizia l’aumento delle disuguaglianze tra i paesi europei, allorché si parla di salute, tante sono le storie di diritto negato alle persone.
L’Italia è una nazione solo per ricchi e benestanti. La povertà sempre più diffusa, non solo nelle tradizionali regioni del meridione, anche nelle aree più ricche. E per povertà estrema, non si intende solo la mancanza di reddito sufficiente, che la Banca mondiale fissa a 1,90 dollari al giorno, ma una situazione di vita in cui la maggior parte dei diritti dell’uomo sono
Prosegue, con l’approvazione in Senato, l’iter parlamentare della legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni italiane. Sebbene è indubbio che il regionalismo italiano funziona male ma non è detto che una maggiore autonomia sia la soluzione al problema. La gestione della pandemia da Covid-19 in Lombardia, ad esempio, ha evidenziato tutti i limiti del sistema regionale per cui c’è da aspettarsi che l’ulteriore frammentazione delle competenze statali a vantaggio delle Regioni, anziché migliorare l’efficienza dei servizi, potrebbe creare nuovi e più gravi problemi.
Nella società contemporanea la maggior parte delle donne vive ancora in una condizione di minore libertà ed autonomia rispetto agli uomini. In fondo in Italia l’introduzione del divorzio, la cancellazione del delitto d’onore e la riforma del diritto di famiglia sono relativamente recenti; fino al 1996 lo stupro era considerato un reato contro la morale e non contro la persona!
Dalla rivoluzione francese ad oggi “libertà” ed “uguaglianza” hanno animato il dibattito politico. Nel
secolo breve si è contrapposta l’eguaglianza alla libertà, che solo il “mondo libero” offriva. In realtà
l’uguaglianza è libertà come, già nel novecento, ci suggeriva l’articolo 3 della nostra Costituzione.
