IMPAURITI SENZA FIDUCIA E SCOSSI COSI SONO GLI ITALIANI NELLA DESCRIZIONE DELL’ULTIMO RAPPORTO CENSIS.

di Michele BLANCO

Noi italiani siamo come “sonnambuli, ciechi dinanzi a quei processi economici e sociali la cui evoluzione e i conseguenti effetti sono largamente prevedibili”, è così che il 57esimo e ultimo rapporto Censis, l’istituto di ricerca socio-economica, descrive il modo di essere dei cittadini italiani. Il nostro paese è come “immobile di fronte ai cambiamenti preannunciati” anche se il loro immancabile impatto si prospetta essere estremamente dirompente per l’intera società e la tenuta del sistema. Viviamo in una “colpevole irrisolutezza”, che ci renderà sempre più vulnerabili di fronte alle condizioni che mutano e muteranno sostanzialmente le nostre condizioni di vita.

Si prevede, secondo i demografi, che nel 2050, per esempio, l’Italia avrà perso complessivamente 4,5 milioni di residenti (come se grandi città come Roma e Milano scomparissero contemporaneamente) e la sua popolazione sarà sempre meno giovane: gli over 65 saranno 4,6 milioni in più, gli under 9,1 milioni in meno (i 18-34enni saranno poco più di 8 milioni, appena il 15,2% della popolazione). Il Molise in questo caso sarà all’avanguardia, visto che queste condizioni sono già attuali, visibili a tutti. Una flessione della popolazione che nei prossimi trent’anni costerà al nostro Paese 8 milioni di persone in età attiva in meno, infatti il 73,8% degli italiani ha paura che negli anni a venire non ci sarà un numero sufficiente di lavoratori per pagare le pensioni. Una scarsità di manodopera che, in altre parole, avrà un notevole e devastante ma inevitabile impatto sul sistema produttivo e sulla capacità economica di generare valore.

Il “sonnambulismo” davanti a previsioni di questo tipo non è imputabile solo alle classi dirigenti, che hanno ovviamente le responsabilità maggiori per la grande incapacità e ottusità dimostrata in questi anni dove i politici hanno pensato solo ai loro vitalizi e privilegi. Allo stesso tempo gli industriali hanno pensato solo a come meglio delocalizzare le produzioni, a evadere le tasse, in particolare trasferendo la residenza fiscale delle loro aziende in Olanda, con indubbiamente la colpa delle sopravalutate classi dirigenti neoliberiste dell’Unione europea che non hanno stabilito una uguale tassazione delle imprese in tutta l’Unione. Purtroppo secondo il Censis si tratterebbe invece di “un fenomeno diffuso nella maggioranza silenziosa degli italiani”, convinta d’altronde di contare poco o niente all’interno della società (lo ha chiaramente dichiarato il 56% degli intervistati). Un forte disarmo identitario e, soprattutto, politico che può essere tradotto, per essere meglio comprensibile, in dati: il 60,8% (il 65,3% tra i giovani) prova una grande insicurezza (d’altronde come dargli torto), causata dei tanti rischi inattesi, e sente profonda delusione per il fallimento della globalizzazione, che per il 69,3% ha portato all’Italia più danni che benefici. Con il risultato che, alla fine, l’80,1% (l’84,1% tra i giovani) si è detto ormai certo che l’Italia sia irrimediabilmente in declino.

Preoccupazioni rette da solide e convincenti motivativazioni basti pensare, per esempio, che l’Italia è all’ultimo posto in UE per tasso di occupazione, con il 60,1% contro la media del continente di 69,8%, Basti pensare che il governo calcola come occupati anche persone che lavorano pochissimi giorni l’anno, anche un solo giorno. Oppure che molti lavoratori a tempo pieno vengono sostituiti con lavoratori a contratti part time e sottopagati. Consideriamo che in Italia gli stipendi non aumentano in modo adeguato e che perdono costantemente il potere d’acquisto, considerando che in tutti i cosiddetti “Paesi industrializzati”, i salari sono oggetto di un attacco feroce e concertato le cui origini risalgono ai primi anni ’70, quando si cominciò ad assistere a una graduale alterazione dei rapporti tra capitale e lavoro, inizia la distruzione dell’economia pianificata guidata dall’intervento pubblico. In 50 anni, tutto ciò che era stato costruito e che aveva portato alla piena occupazione viene smantellato. Tutto questo ha condotto al disastroso scenario attuale, caratterizzato da impieghi precari e fortemente sottoretribuiti, come descritto perfettamente in P. Cicalese in “50 anni di guerra al salario”, LAD Edizioni 2023.

La mancata valorizzazione del capitale umano porta oggi il 73% degli italiani a pensare che i problemi strutturali irrisolti del nostro Paese provocheranno nei prossimi anni una crisi economica e sociale molto grave con povertà diffusa e violenza, un altro 73% a credere che gli sconvolgimenti globali sottoporranno l’Italia alla pressione di flussi migratori sempre più intensi che non saremo in grado di gestire, e il 53% a ritenere che il colossale debito pubblico nazionale provocherà il collasso finanziario dello Stato.

Una condizione mentale e una sfiducia alle quali ha contribuito notevolmente il ritorno delle guerre, che ha suscitato nuovi allarmi, visto l’aumento delle spese militari al posto delle spese sociali, l’allarme è totalmente giustificato. Infatti il 59,9% degli italiani ha paura che scoppierà un conflitto mondiale che coinvolgerà anche l’Italia e almeno la metà è convinto che il nostro Paese non è in grado di proteggersi da attacchi terroristici di stampo jihadista – e non sarebbe capace, più in generale, di difendersi militarmente se aggredita da un Paese nemico.

Dice il rapporto che: “si tratta di scenari ipotetici che paralizzano invece di mobilitare risorse per la ricerca di soluzioni efficaci” e generano l’inerzia dei cittadini dinanzi alla complessità delle sfide che la società contemporanea deve affrontare. Una paralisi che nel tempo ha spinto gli italiani a cercare conforto e rifugio in se stessi. Il 62,1% di loro ha infatti raccontato di avvertire quotidianamente il desiderio di momenti da dedicarsi e il 94,7%, circondato da una baraonda di negatività, ha rivalutato la felicità derivante dalle piccole cose di ogni giorno. Anche secondo L’istituto di ricerca SWG negli italiani: “Cresce il pessimismo sulla società che stiamo costruendo. Superficialità, sorveglianza e ricchezza in mano a pochi”, in RADAR, valori, comportamenti, gusti, consumi e scelte politiche 27 novembre – 3 dicembre 2023.

Sono proprio queste persone, quelle stesse che il “Censis” considera addormentate, a potere rappresentare invece il seme della speranza. In merito ad alcune importanti questioni che faticano a trovare un riconoscimento ufficiale, per via legislativa, gli italiani hanno infatti dimostrato di avere un’opinione assolutamente chiara e decisa, da cui i nostri governanti, sia nazionali che regionali, dovrebbero prendere spunto per risolvere molte delle problematiche del Paese aiutando il cambiamento e ad affrontare le enormi sfide della contemporaneità.

Il 70,3% degli intervistati, per citare alcuni dati, approva l’adozione di figli da parte dei single, il 65,6% si schiera a favore del matrimonio egualitario tra persone dello stesso sesso, il 54,3% è d’accordo con l’adozione di figli da parte di persone dello stesso sesso. Così come il 72,5% è favorevole all’introduzione dello ius soli, ovvero la concessione della cittadinanza ai minori nati in Italia da genitori stranieri regolarmente presenti, e il 76,8% è favorevole allo ius culturae, ovvero la cittadinanza per gli stranieri che abbiano frequentato l’intero percorso formativo nel nostro Paese. A questi rilevamenti fatti dal Censis aggiungo il fatto che tutti i sondaggi fatti da vari istituti di ricerca hanno evidenziato, malgrado i mass media propagandano altro, che sono contrari alla guerra, a favore della legge sul salario minimo, a favore del taglio delle spese militari e per l’aumento della spesa sociale, sanitaria e per l’istruzione.

Così come la grande maggioranza degli italiani riconosce che i giovani, in questo momento, sono la generazione più penalizzata di tutte. Allora perché, dotati di queste come di molte altre consapevolezze, non si è in grado per esempio di promuovere la genitorialità in tutte le sue forme e non si riesce a sostenere progetti che fermino l’inesorabile fuga di giovani costretti ad andare all’estero per avere riconosciute le proprie competenze e per avere un trattamento economico e lavorativo adeguato.

Autore

  • Michele BLANCO

    Michele BLANCO. Dottore di ricerca in “Diritti dell’uomo e Diritti fondamentali. Teorie, etiche e simboliche della cittadinanza” presso la facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università di Napoli. Tra i suoi saggi più rilevanti si ricordano: “La vera ragione dei diritti umani e la democrazia partecipativa come premessa al reciproco riconoscimento tra i popoli” (2006), “Democrazia deliberativa ed opinione pubblica emancipata” (2008), “Cosmopolitismo e diritti fondamentali” (2008), “Diritti e diseguaglianze. La crisi dello stato nazionale e al contempo dello stato sociale” (2017), “Nota critica a Thomas Piketty, Capitale e ideologia” (2021) “Nota critica a Katharina Pistor , Il codice del capitale. Come il diritto crea ricchezza e disuguaglianza”, 2021. “Recensione critica a Thomas Piketty, Una breve storia dell’uguaglianza”  2021.

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