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Febbraio 2025

Sociale

DDL SICUREZZA: UN PASSO VERSO L’AUTORITARISMO E LA SOPPRESSIONE DEL DIRITTO DI DISSENTIRE

di Matteo FALLICA 28 Febbraio 2025
Scritto da Matteo FALLICA

In un contesto in cui il governo sta progressivamente intensificando la repressione e il controllo sociale, il DDL Sicurezza n. 1660 solleva gravi preoccupazioni, non solo per la sua compatibilità con i diritti civili, ma anche per il rischio di trasformare la nostra società in un luogo di sorveglianza e paura, piuttosto che di libertà e pluralismo. Presentato a gennaio e approvato lo scorso settembre alla Camera, ora in discussione al Senato, questo disegno di legge si inserisce in perfetta continuità con il decreto “anti-rave”, dove, più che garantire la sicurezza, si tenta di alimentare la paura e il sospetto.

Le misure contenute nel DDL sollevano interrogativi cruciali riguardo alla loro compatibilità con i principi costituzionali, in particolare con il diritto di dissentire e con la tutela dei diritti civili. Tra le novità più problematiche, si prevede l’eliminazione dell’obbligatorietà del rinvio della pena per le donne incinte, il divieto di vendita della cannabis light, l’aumento delle pene per chi minaccia o usa violenza contro i pubblici ufficiali, e l’inasprimento delle sanzioni per multe e sospensioni della patente. L’obiettivo sembra essere quello di rendere più severe le punizioni per alcuni crimini e garantire una maggiore protezione ai pubblici ufficiali.

Il dibattito sul DDL Sicurezza ha sollevato anche gravi preoccupazioni sull’autonomia delle istituzioni accademiche. L’articolo 31 del DDL prevede infatti che università ed enti di ricerca siano obbligati a collaborare con i servizi segreti, sollevando inquietanti dubbi in merito alla libertà di ricerca. Secondo l’Associazione Italiana per la Scienza Aperta (AISA), questa previsione esporrebbe studenti, ricercatori e accademici a controlli e sorveglianze, trasformando le università da luoghi di libertà intellettuale in spazi di monitoraggio.

L’aspetto più preoccupante è rappresentato dalla norma definita “anti-Gandhi”, che punisce chiunque pratichi forme di resistenza passiva con pene fino a 20 anni. Questa misura rischia di creare un pericoloso precedente, penalizzando qualsiasi forma di disobbedienza civile, a prescindere dal contesto. La sua applicazione potrebbe inficiare il diritto di manifestare dissenso, un diritto fondamentale in una società democratica.

Le preoccupazioni sollevate da numerose organizzazioni, giuristi e istituzioni, come Antigone, Forum Droghe e Rete Lenford, sono pienamente giustificate. L’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) ha infatti dichiarato che “molte delle disposizioni del disegno di legge potrebbero minare i principi fondamentali del diritto penale e dello stato di diritto, ostacolando l’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali”.

In un’ottica democratica, se la legge non riconosce il dissenso come un valore fondamentale per il progresso sociale, ma lo considera una minaccia da combattere, rischiamo di trovarci intrappolati in un sistema dove la partecipazione civica e la critica sociale sono bandite e la libertà di pensiero e di espressione perde di significato. La società potrebbe trasformarsi in un luogo di controllo, piuttosto che di partecipazione. In questo scenario di deriva autoritaria, dobbiamo chiederci con coraggio e consapevolezza: fino a che punto siamo disposti a sacrificare la nostra libertà per una sicurezza che, in realtà, potrebbe minacciare la nostra stessa identità di cittadini liberi? La risposta a questa domanda determinerà il futuro del nostro paese. Una riflessione profonda non è più rinviabile, perché la posta in gioco è altissima: noi, la democrazia. 

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Editoriali

EGUAGLIANZA ED OMOFOBIA CONTRO LESBICHE E TRANSGENDER

di Vincenzo NOTARANGELO 28 Febbraio 2025
Scritto da Vincenzo NOTARANGELO

Una ragazza di 14 anni toglie la vita. La madre, cattolica integralista, non aveva per nulla accettato l’identità sessuale della figlia.

Tea, ragazza trans, e il suo compagno sono pesantemente pestati da sconosciuti tra insulti omofobi e “saluti romani”.

Donna aggredita e insultata con epiteti omofobi da un vicino di casa dopo pretestuose lamentele.

Due ragazze trans aggredite alla festa del vino da un gruppo di dieci energumeni.

Signora tenta di allontanare in malo modo una coppia lesbica dalla spiaggia perché “ci sono i bambini”

Al corteo del Pride, due ragazze sono aggredite con caschi da moto. Trauma cranico per 7 giorni.

Sono solo alcuni dei casi di cronaca piuttosto recente, avvenuti in Italia, che coinvolgono le donne. L’omofobia è un fenomeno enorme, gravissimo e pericoloso che purtroppo coinvolge molto anche le donne, come sappiamo già alle prese su più fronti per difendere i loro diritti in una società ancora troppo maschilista e patriarcale.

Ma il problema non è solo e semplicemente culturale e legato ad ambienti familiari ed educativi, è soprattutto strutturale ed ha antiche radici di tipo “economico”, perché ben radicato nei meccanismi di potere che regolano il sistema in cui viviamo. Le donne che non si conformano alla norma eterosessuale e cisgender rappresentano una minaccia diretta alla gerarchia patriarcale, e per questo vengono marginalizzate, rese invisibili e brutalizzate. Il sistema capitalistico non aiuta e non è affatto neutrale, anzi: alimenta e sfrutta queste oppressioni per dividere e controllare le classi subalterne, perpetuando un ordine sociale fondato sulla paura e sulla sottomissione.

Il lesbicidio, la violenza correttiva, la discriminazione nel mondo del lavoro, l’invisibilizzazione dei corpi e delle esperienze trans: tutto ciò dimostra che non possiamo accontentarci di una semplice tolleranza. Dobbiamo pretendere una trasformazione radicale della società, un ribaltamento dei rapporti di potere che metta fine alla violenza di genere e a tutte le sue insopportabili declinazioni.

Non può esserci vera eguaglianza senza il pieno riconoscimento delle soggettività e senza la distruzione delle strutture patriarcali che alimentano il sessismo e l’omolesbobitransfobia.

Per questo è fondamentale che i movimenti della sinistra radicale facciano della lotta per i diritti delle donne lesbiche e trans una delle loro priorità politiche. Non basta dichiararsi “inclusivi”: servono azioni concrete, mobilitazioni, autodifesa collettiva e un ripensamento complessivo delle strategie di lotta.

Il problema, come appurato dai casi di cronaca, è locale certo ma purtroppo anche generale. Ci sono il bigottismo e la repressione di una destra italiana attualmente potente non solo politicamente, ma c’è al di sopra anche il neo conservatorismo di Trump che strizza l’occhio a Putin e che minaccia la libertà di tutti noi.

Mai come adesso dobbiamo resistere e soprattutto reagire, costruire anche attraverso la spinta delle nuove generazioni una società mondiale in cui nessuna sia più costretta a nascondere il proprio orientamento o la propria identità per paura di violenze, discriminazioni e umiliazioni. Una società in cui la liberazione sia reale, materiale e vissuta.

Il nostro compito non è chiedere concessioni a chi detiene il potere, ma distruggere le basi su cui si regge la loro oppressione. Combattere l’omofobia contro le donne lesbiche e trans non è solo un dovere etico: è una necessità politica per chiunque voglia costruire un mondo di uguaglianza e libertà 

28 Febbraio 2025 0 Commento
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Cultura

ATLETI IN CORSIA

di Annamaria DI STASIO 27 Febbraio 2025
Scritto da Annamaria DI STASIO

Bisogna considerare che qualsiasi battaglia vinta con l’impegno di chi lavora per il bene della comunità viene apprezzata solo quando o si è vissuti nel periodo di malessere precedente rispetto alla battaglia oppure quando il beneficio della battaglia vinta viene meno o sta per venire meno.

Prima della nascita del SSN, l’assistenza degli italiani era un privilegio di pochi. La sanità, infatti, era affidata ad un sistema di enti mutualistici denominati “Casse mutue” che si rivolgevano a delle specifiche categorie di lavoratori. Dunque, non tutti erano destinati a tale servizio. Va da sé che esistevano delle gravi disparità nella società e il diritto all’assistenza sanitaria non era legato all’essere cittadino ma all’essere lavoratore. Le casse mutue nacquero nell’ottocento per iniziativa degli operai che misero a propria disposizione un fondo comune per affrontare i rischi del  futuro. La funzione delle suddette società di mutuo soccorso fu poi trasformata dal governo fascista che le prese sotto il controllo diretto e le intrappolò in macro enti secondo la logica del corporativismo. Ciascun ente era di competenza di una specifica categoria di lavoratori i quali, per poter usufruire dell’assistenza sanitaria, dovevano obbligatoriamente iscriversi insieme con tutta la famiglia a suo carico. I familiari però, che avevano maggiormente bisogno di essere curati, perché affetti da patologie gravi, paradossalmente avevano meno diritto di assistenza. Coloro che non usufruivano o non potevano usufruire dell’assistenza da parte delle casse mutue pagavano di propria tasca le cure mediche e ospedaliere. Di coloro che non avevano i mezzi economici, invece, si occupavano il medico condotto che si intendeva di tutto un po’ e che veniva affiancato dall’ostetrica condotta per far partorire le donne a casa, nonché, negli ospedali direttamente. Gli ospedali all’epoca erano autonomi e si reggevano sui contributi dei benefattori.

Dopo decenni di mal funzionamento del sistema, si scatenò una grave crisi finanziaria che si ripercosse direttamente sugli ospedale penalizzando gravemente i cittadini. Occorreva, quindi un intervento dall’esterno. Un primo passo fu compiuto nel 1958 con l’istituzione del Ministero della Sanità mentre, nel 1968 prese corpo la Legge 132 che intervenne sull’aggiornamento degli ospedali che furono denominati “enti pubblici”. La nascita del SSN, però, si ebbe solo il 24 dicembre 1978 con la riforma numero 833 che sostituì il modello mutualistico con quello universalistico della tutela della salute e che determinò che la spesa sanitaria fosse a carico dello Stato. Successivamente, nei primi anni 90, si determinò l’aziendalizzazione delle USL che vennero denominarono ASL e vennero definiti i LEA come garanzia per i cittadini. Di fatto, con la aziendalizzazione e la regionalizzazione delle ASL, si è ritornati ad una sorta di disparità per cui le regioni più ricche offrono servizi maggiormente di qualità rispetto a quelle più povere, determinando i cosiddetti viaggi della salute dei pazienti che vanno alla ricerca di ospedali attrezzati e all’avanguardia dove li accolgono medici “più bravi” e motivati. Le lunghe attese per effettuare esami e visite o la difficile assistenza nei P.S.,  ma anche la mancanza di fiducia nelle strutture e nei medici, il rifiuto da parte dei pazienti di considerare la cura come un percorso del paziente verso la guarigione e, non meno gravi i modelli di comportamento appresi dai programmi televisivi generano, ogni giorno, gravissimi episodi di violenza e aggressioni nei confronti del personale medico, infermieristico e paramedico. Si è reso necessario, quindi, inasprire le pene per gli aggressori. Ciò che più mi ha colpita è stato non soltanto che l’Ordine dei Medici ha deciso di garantire assistenza legale facendosi carico delle spese legali ma quanto il fatto che gli operatori sanitari di tutta Italia hanno deciso di imparare le arti marziali per contrastare gli aggressori e sentirsi più sicuri. Dunque, violenza risponde a violenza! Mai avremmo voluto che i Medici, invece che addestrarsi per migliorare le tecniche chirurgiche, o per essere al passo con i progressi nel campo della ricerca,  pensassero a trasformare gli ospedali in luoghi per risse. Credo che tutto ciò sia molto grave e sintomatico di malessere. C’è indifferenza da parte delle Istituzioni nei confronti di tutti coloro che si recano ogni giorno sul posto di lavoro e rischiano la propria incolumità. 

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Politica

IL VOTO AL REFERENDUM È LA NOSTRA RIVOLTA SOCIALE

di Grazia MINOTTA 25 Febbraio 2025
Scritto da Grazia MINOTTA

Nella prossima primavera saremo chiamati a votare per porre fine alla precarietà, alle morti sul lavoro, ai licenziamenti ingiusti, per dare cittadinanza a migliaia di italiani. Sarà una stagione di partecipazione che metterà al centro le persone e le loro libertà sul lavoro e nella vita e in cui con determinazione e facendo ricorso al buon senso inviteremo i cittadini a votare 5 volte sì.

Il primo grande obiettivo che ci poniamo è che gli italiani tornino a capire che se vogliono cambiare le cose devono partecipare. 

Credo che sia tempo di rimetterci tutti insieme a parlare di diritti e della dignità del lavoro e della vita dei cittadini. Ci sono troppe cose della politica attuale che non ci convincono, chiediamo direttamente ai cittadini di cambiarle con il proprio voto. Bisogna modificare le leggi che hanno mortificato il mondo del lavoro, che l’hanno martoriato.

Penso alle norme del Jobs Act, ai licenziamenti illegittimi, alla differenziazione tra i nuovi assunti e i vecchi assunti, a tutta la partita legata agli appalti e ai subappalti e al meccanismo che si scatena in violazione di norme e diritti a partire da quelli della sicurezza sul lavoro, per cui registriamo continuamente decessi e infortuni che sono spesso legati al mondo degli appalti al massimo ribasso. Occorre andare a votare per ridare dignità e centralità al lavoro. Non siamo ingenui. Lo sappiamo, portare alle urne 25 milioni di persone non è impresa facile.

Il compito dei cittadini consapevoli sarà quello di coinvolgere più persone possibili con l’obiettivo di parlare a tutti: a chi condivide le nostre battaglie, a chi non ci conosce, a chi ha bisogno di noi. Anche a chi è contrario a ciò che rivendichiamo. Dovremo parlare alle singole persone, coinvolgendole e responsabilizzandole in una campagna che è a difesa della democrazia e della libertà. Ciascuno di noi, con il voto, ha la possibilità di cambiare al meglio il Paese.

Ogni anno muoiono 1000 persone sul lavoro, è venuto il momento di dire BASTA! e di rendere il lavoro più sicuro.

Cancelliamo le leggi che hanno reso le lavoratrici e i lavoratori più poveri e precari.

Rimuoviamo l’ingiustizia che nega il diritto alla cittadinanza a 2milioni e 500mila persone che vivono e lavorano in Italia .Riduciamo da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter fare domanda di cittadinanza italiana, che una volta ottenuta sarebbe trasmessa ai figli e alle figlie minorenni. 

Dobbiamo raggiungere il quorum: chi oggi di fronte a uno strumento referendario sancito dalla nostra costituzione dà l’indicazione di non andare a votare, è contro la democrazia e contro qualsiasi idea di partecipazione libera delle persone. 

Una persona non è libera se è precaria, se non arriva alla fine del mese, se muore sul lavoro, se in base alle sue espressioni, al colore della pelle, all’orientamento sessuale, al genere può essere discriminata. 

Per tutti questi motivi, la CGIL sta provando a mettere in campo azioni per riconquistare la cultura della libertà fondata sulla solidarietà tra le persone. I diritti non ce li ha mai regalati nessuno, abbiamo tutti assieme la responsabilità di difenderli per il futuro del nostro Paese.

25 Febbraio 2025 0 Commento
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Politica

EXTRA PROFITTI SULLA PELLE DEI CITTADINI

di Marco MADDALENA 24 Febbraio 2025
Scritto da Marco MADDALENA

Extra profitti da un lato e chi rinuncia ai servizi dall’altro, questa è la nuova realtà di questo tempo.

Aumento delle bollette per il servizio elettrico e per il gas naturale e diminuzione dei bonus sociali per fare fronte al caro bollette.

In alcuni ambiti territoriali oltre a questi aumenti ci sono anche gli aumenti legati al servizio idrico.

Tutto in una situazione sociale spesso difficile con precarietà e poco potere salariale.

Stiamo arrivando al punto che diversi cittadini oltre a rinunciare alle cure sanitarie dovranno rinunciare a riscaldarsi, alla propria igiene personale, alla luce pur di sopravvivere e diverse piccole e medie imprese costrette a chiudere di fronte a nuovi costi non previsti.

Nel frattempo, però, ci sono i fornitori di energia elettrica, di gas naturale e dei servizi idrico che fanno extra profitti sulle difficoltà economiche dei cittadini.

Limitare gli extra profitti e redistribuire redditi per rendere l’accesso ai servizi energetici e idrici universali.

La conversione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile, come diceva Alex Langer.

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Politica

GERMANIA CONSIDERAZIONI SUI RISULTATI DEFINITIVI

di Michele BLANCO 24 Febbraio 2025
Scritto da Michele BLANCO

I liberali, colpevoli del voto anticipato e di provvedimenti (anche in Europa) pro austerity, spariscono dal parlamento. La giusta punizione.

Il partito personale di Sara Wagenknecht, nato dalla scissione della Linke che alle elezioni europee prese il 7%, rimane fuori per un soffio dal parlamento. Dovevano rappresentare la nuova sinistra. Il suo intervento al parlamento in favore della mozione dei democristiani contro i migranti, con la relativa astensione sul voto, ha avuto l’effetto opposto di quello di Haidi della Linke.

Ha chiarito che la sinistra per essere tale deve essere per i diritti sociali, antirazzista e antifascista, allo stesso tempo, senza nessuna differenza.

La sua esclusione dal parlamento ha un altro effetto: permetterà la Grande coalizione tra democristiani e socialdemocratici senza bisogno dei Verdi.

Questo è un elemento decisivo perché all’opposizione non ci saranno solo i nazisti dell’Afd ma anche la sinistra rosso verde che sommando i seggi ottenuti, insieme, sono la prima opposizione. È bene ricordarlo.

Inoltre il 4,97 per cento dei voti del partito della Wagenknecht sono voti di sinistra.

I socialdemocratici pagano e pagheranno 30 anni di politiche sbagliate che, nonostante alcuni provvedimenti sociali del primo periodo della cancelleria Scholz, hanno dimostrato di essere un partito oramai centrista , come il PD in Italia, e, infatti, buona parte dei voti persi sono finiti alla Cdu che a sua volta ne ha persi molti a favore di Afd.

Sperando che un’opposizione di sinistra formata da Die Linke e Bündnis 90/Die Grünen si faccia sentire e sia incisiva, da questo, si può provare a costruire un futuro migliore.

24 Febbraio 2025 0 Commento
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Politica

COSA È ACCADUTO IN REALTÀ

di Michele BLANCO 23 Febbraio 2025
Scritto da Michele BLANCO

Quella che conosciamo come la guerra in Ucraina degli ultimi tre anni l’hanno voluta e provocata, anche se la maggior parte degli organi d’informazione o disinformazione non lo hanno mai detto, i vari governi degli Stati Uniti. Tutto parte da molto lontano, dall’amministrazione Clinton probabilmente, diventa sempre più concreta con l’espansione NATO verso est, il colpo di stato statunitense in Ucraina del Maidan nel 2014, le successive devastazioni e uccisioni di russofoni in Donbass e poi la guerra vera e propria degli ultimi tre anni.

Tutto questo è stato un processo in cui gli USA scavalcano l’Europa completamente cercando sempre di contrastare il libero commercio tra l’Unione europea e la Russia.

L’obiettivo degli USA è sempre stato rompere la connessione oriente/occidente come con la via della seta che arrivava fino in Portogallo. Altro obiettivo statunitense era quello di distruggere il progetto europeo, l’economia della Germania, l’Euro visto come un possibile concorrente del dollaro negli scambi internazionali, riportando l’Europa alla condizione di vassallo come era stata stabilita con la fine della II guerra mondiale. Gli statunitensi volevano nei loro piani originari far crollare la Russia, fare in modo che nascessero dalla federazione Russa più stati separati per controllarli facilmente anche attraverso le cosidette “rivoluzioni arancioni” e arrivare direttamente allo sfruttamento delle immense risorse naturali. Questo finora non si è verificato. Oggi, quindi, gli statunitensi vogliono che l’Ucraina e nemmeno l’EU partecipino alle trattative di pace, questo per prendersi il più possibile le risorse minerarie dell’Ucraina, senza che il popolo ucraino possa fare e dire nulla, anche se è la negazione totale di ogni principio democratico.

Insomma l’applicazione della vera definizione del capitalismo neoliberista: depredante sempre e tutto il possibile.

Il governo degli Stati Uniti d’America, sia esso a guida repubblicana o democratica, cerca sempre, anche solo destabilizzando le varie aree del mondo, di fare in modo che le varie nazioni non si organizzino per creare circuiti alternativi al Sacro Graal, il dollaro che trasforma i debiti fuori controllo degli Usa in risorsa.

Gli euromissili, di nuovo, annunciati servono a ribadire questa politica e far star su il nuovo muro eretto tra oriente e occidente.

Trump dunque continua la politica di sempre degli USA con altri mezzi, non c’è da stare tranquilli per niente, anche perché ora si passerà in maniera più drastica, senza scuse di “esportazioni di democrazia” con i bombardamenti, alla fase spolpamento totale di ogni risorsa. Oggi Trump ha il suo capro espiatorio e il buon Zelensky è la figura giusta da sacrificare sull’altare, ha le sue belle responsabilità e gravi colpe ovviamente. Zelensky si è infilato in un gioco pericolosissimo, non si capisce bene sperando in cosa, portando il suo popolo al massacro e il paese a grande devastazione e, molto probabilmente, a essere smembrato tra i vincitori economici e territoriali. Ma in realtà era tutto stato organizzato, pianificato, dai vari governi a stelle e strisce.

l’Unione Europa e Italia non hanno fatto una bella figura, nemmeno il sistema informativo e la reale forza della democrazia, che non ha tenuto conto del pensiero della maggioranza dei cittadini europei favorevoli a negoziati e non alla guerra. Al momento non si vede nessun  segnale di reazione a questo progetto antidemocratico di asservimento totale. Non si vede e non si percepisce nessun cambiamento di rotta nelle politiche economiche e sociali si pensa solo ad aumentare senza nessuna necessità le spese militari.

Ormai gli USA stanno pensando solo a politiche di puro dominio e non dominio/egemonia come è stato per una lunga fase. Ma d’informare di queste cose l’opinione pubblica italiana e europea non sembra occuparsene nessuno.

23 Febbraio 2025 0 Commento
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Politica

CASO ALMASRI: “L’ITALIA HA DELEGITTIMATO LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE”

di Vincenzo MUSACCHIO 22 Febbraio 2025
Scritto da Vincenzo MUSACCHIO


L’atteggiamento del Governo italiano sminuisce, di fatto, il ruolo della Corte penale dell’Aja, strumento necessario per perseguire i crimini di guerra e contro l’umanità. Partiamo da un dato inconfutabile: c’è un mandato d’arresto della Corte penale internazionale a carico di Najeem Osema Almasri Habishad Almasri per una serie di crimini tra cui l’oltraggio alla dignità personale, il trattamento crudele, la tortura, la detenzione illegittima, lo stupro, la violenza sessuale e l’omicidio. Un criminale certamente non di secondo piano. Il “presunto” criminale libico, liberato a seguito di un’inerzia del Ministero della Giustizia – di cui bisognerà attendere le motivazioni formali – che ricevuto il carteggio, non avrebbe attivato la procedura prevista davanti alla Corte d’appello di Roma per la consegna dell’arrestato alla Corte penale dell’Aja. Così facendo l’Italia non ha ottemperato all’obbligo di cooperazione accettato e ratificato quando ha sottoscritto lo Statuto della Corte penale internazionale. Voglio ricordare al lettore che l’art. 86 dello Statuto obbliga tutti gli Stati firmatari che lo abbiano ratificato a collaborare pienamente (“full cooperation”) con la Corte nella conduzione delle indagini e nella persecuzione dei crimini che ricadono sotto la sua giurisdizione. Per di più, la scelta di non consegnare Almasri, espellendolo dal territorio dello Stato per rimandarlo in Libia, a mio parere, pone il nostro Paese in una posizione critica anche verso le Nazioni Unite. Dovremo leggere le motivazioni giuridiche di questa decisione però due cose sono evidenti: una politica, riguardante la netta prevalenza del potere esecutivo rispetto a quello giurisdizionale, l’altra perlomeno morale, riguardante le discrasie di politica criminale di questo governo che punisce con l’arresto chi si siede pacificamente in mezzo alla strada e rimette in libertà un presunto autore di cimini di guerra e contro l’umanità.  Mi chiedo: davvero non era possibile per l’Italia fare meglio? Il ruolo del Ministro della Giustizia nella cooperazione con la Corte penale internazionale è di carattere servente, non decisionale. Ricordo, inoltre, che, al contrario della procedura di estradizione ordinaria, dove il Governo, attraverso il Ministro della Giustizia mantiene un potere discrezionale di carattere politico, nella cooperazione con la Corte penale internazionale il Ministro svolge soltanto un ruolo esecutivo. Ai sensi della legge n. 237 del 2012, il Ministro della giustizia “provvede” alla consegna (art. 13 comma 7), quando la procedura giudiziaria sia conclusa con esito positivo, al contrario, nella disciplina di estradizione ordinaria, egli mantiene la prerogativa, di “decidere nel merito” (art. 708 comma 1 c.p.p.). In sostanza, l’interpretazione della Corte d’appello di Roma in sostanza ha dato un ruolo chiave – preclusivo – al rappresentante dell’esecutivo in un meccanismo di cooperazione che invece lo vede assolutamente privo di potere decisionale nel merito. Siamo dunque in un sistema nel quale l’Italia, poiché membro della Corte e alla pari di tutti i Paesi che aderiscono allo Statuto di Roma, è tenuta alla piena cooperazione. In base ai fatti oggi noti, sembra che, in tal caso, questo non sia accaduto.



22 Febbraio 2025 0 Commento
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Cultura

VIA LIBERA AL VINO DEALCOLATO E POI ATTACCO AL VINO TRADIZIONALE, TUTTA UNA COINCIDENZA?

di Pasquale DI LENA 22 Febbraio 2025
Scritto da Pasquale DI LENA


Le strane coincidenze, dopo il via libera al vino dealcolato ecco il nuovo attacco dell’Unione europea al vino tradizionale, per la sua componente alcolica. E se tutto facesse parte di un piano per demolire la Dieta mediterranea? Riporto questo scritto letto su il Corriere Vinicolo, la testata storica (nel 2018 festeggerà un secolo di vita) importante punto di riferimento del mondo del vino Il settimanale dell’Unione Italiana Vini UIV, con il quale ho avuto il piacere di collaborare a cavallo degli anni ’90, grazie all’invito rivoltomi dall’allora direttore Antonio Niederbacher. “Dealcolati: fatta la legge ora bisogna fare il vino INDUBBIAMENTE È IL TEMA DEL MOMENTO CON IL SETTORE CHE SI DIVIDE TRA ATTESE, PROGETTI, INVESTIMENTI E TANTA TECNOLOGIA MADE IN ITALY PRONTA ALL’USO Finalmente anche il nostro Paese ha aperto alla produzione dei vini a ridotto o nullo contenuto alcolico. A fine 2024 è arrivata la firma del ministro Lollobrigida sul decreto che regolamenta un settore che vale il 2-3% del mercato mondiale del vino e che in una fase di crisi globale dei consumi potrebbe rivelarsi un asso nella manica. Le aziende ci pensano, e chi ha già tastato il mercato portando all’estero la produzione è pronto a investire nel Belpaese, che vanta le migliori tecnologie al mondo. Sul nuovo numero de Il Corriere Vinicolo le testimonianze delle imprese, il quadro normativo con gli aspetti ancora da chiarire e le valutazioni sulle reali prospettive di mercato”… Non ho niente, visto che non le berrò mai, contro queste novità nel campo delle bevande e niente contro il mondo del vino, che trova in essa una soluzione alle difficoltà di bilancio per i rischi che corre il prodotto vino sui mercati, nel tempo del neoliberismo della banche e delle multinazionali, dei Trump che si sentono padroni de mondo. Ognuno è libero di bere ciò che vuole. Non potevo, per il tempo passato a discutere del vino e a parlare con il vino, non pormi la domanda: bene, ma perché lo vogliono chiamare vino? La risposta l’ho trovata proprio nell’attacco al vino – questa volta istituzionale – che, per la sua componente alcolica, è l’elemento debole della Dieta mediterranea e, come tale, il più facile da eliminare, dando così spazio e forza per un attacco all’olio di oliva, quale filo conduttore della Dieta sempre più rinomata al mondo. In pratica, con l’attacco al vino, il chiaro intento di voler smontare un ostacolo grande, jl Mediterraneo, il territorio che esprime non solo la qualità, ma, anche, la storia e la cultura di antiche civiltà; i paesaggi di straordinaria bellezza; le tradizioni, con al centro quella della tavola, il convivio. Lo stare insieme e ragionare, ognuno con la propria testa e, non con una sola, quella dell’intelligenza artificiale, che porrà l’uomo al servizio di robot creati dal sistema ispirato e guidato da dio denaro. Dico questo soprattutto a quanti devono al vino il racconto della loro storia di decine di anni, e, pensando alla storia, di migliaia di anni, per informarli che il sistema attuale che governa e decide le sorti di questa nostra terra maltrattata dalle sue azioni predatorie e distruttive, ha come primo interesse, per affermare le sue folli scelte, proprio la cancellazione della storia. Il Mediterraneo con le sue 4mila e più Indicazioni geografiche, che vede l’Italia leader con quasi 900 prodotti Dop, Igp e Stg ai quali sono da aggiungere più di 5.500 prodotti tradizionali, anch’essi legati al territorio, che esprime l’origine della qualità. La realtà di un modello che, con la storia e le tradizioni, esprime cultura, cioè valori che i marchi non sono in grado di esprimere. Come tale in conflitto con la grande produzione industrializzata della globalizzazione, nelle mani delle multinazionali, priva dei valori prima espressi.

22 Febbraio 2025 0 Commento
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Politica

IL PRESIDENTE MATTARELLA NON RICORDA?

di Michele BLANCO 18 Febbraio 2025
Scritto da Michele BLANCO

Sinceramente non capisco le parole del presidente Mattarella di questi giorni. Giustamente lui dice che: «L’auspicio è che la Russia torni a svolgere un ruolo di rilievo nel rispetto della sovranità di ogni Stato, è un auspicio che ho sempre fatto nel rispetto del diritto e della carta delle Nazioni Unite». 

Ma è possibile che il presidente Mattarella non ricordi quanto accadde a Belgrado nel 1999. Ci furono da parte della NATO bombardamenti assolutamente illegittimi, contro ogni principio del diritto internazionale, assolutamente privi del necessario consenso del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, questi bombardamenti fatti nel cuore dell’Europa, causarono oltre 2500 morti la maggioranza inermi civili, almeno 12000 feriti, quasi un milione di profughi, una successiva lunghissima scia di morte dovuta all’utilizzo dell’uranio impoverito nei proiettili utilizzati dalla NATO. Per non dire del bombardamento dell’ambasciata cinese poche ore dopo che la Cina condanno tali bombardamenti, si trattò di un vero e proprio avvertimento in stile “mafioso” o meglio americano-mafioso. 

Sergio Mattarella in quel triste frangente non aveva un ruolo per nulla secondario nella politica italiana: era Vicepresidente del Consiglio e Ministro della Difesa nel Governo di Massimo D’Alema, che approvo quei bombardamenti. Senza che ci fosse nessun rispetto della “sovranità di ogni Stato” e nessun “auspicio … nel rispetto del diritto e della carta delle Nazioni Unite” fu fatto da parte dell’ allora ministro Sergio Mattarella. 

Il Capo dello Stato è una persona intelligente e perfettamente consapevole della contraddizione delle sue parole attuali con quando fatto e approvato da Ministro della difesa e Vicepresidente del Consiglio dei Ministri. Oggi il suo compito è di custode della Costituzione e dei principi in essa contenuti, tra i quali la pace e l’obbligo di cercare sempre le trattative per impedire le guerre. 

In questo momento l’UE e il Regno Unito tentano un’operazione disperata di opposizione alla fine della guerra e Mattarella, invece di condannare questo tentativo, attacca la Russia. Ma tutta la guerra Russo-Ucraina è stata una delle più vergognose pagine di viltà, servilismo e disinformazione della storia moderna. La guerra non sarebbe mai dovuta cominciare, se l’Ucraina, gli USA, il Regno Unito avessero rispettato gli accordi di Minsk; sarebbe potuta finire dopo un mese con l’intesa di Istanbul, se Johnson, Biden & Nato non l’avessero sabotata. 

Allora presidente Mattarella che parla di 70 anni di pace in Europa, la Serbia non è in Europa? Visto che fa finta di dimenticare le sue responsabilità. 

18 Febbraio 2025 0 Commento
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