PIÙ LAVORO STABILE, MENO PRECARIETÀ: UN SÌ CONTRO L’ABUSO DEI CONTRATTI A TERMINE

di Domenico PALAZZO

Il terzo quesito del referendum 2025 mira a ridurre la precarietà abolendo le norme che hanno moltiplicato i contratti temporanei. Un SÌ per il diritto al lavoro dignitoso

Negli ultimi anni, il mercato del lavoro italiano ha visto una crescita costante dell’occupazione precaria, in particolare dei contratti a termine. Il terzo quesito del referendum del 2025 interviene proprio su questo nodo, proponendo di abrogare le norme che permettono un uso esteso, flessibile e spesso abusivo dei contratti temporanei.

Votare significa scegliere un modello di lavoro più stabile, ridurre il ricorso indiscriminato alla precarietà e tutelare milioni di lavoratori, soprattutto giovani, donne e persone con basso potere contrattuale.

Cosa dice il quesito

Il quesito propone di abrogare le parti del Decreto Dignità (e successive modifiche) che:

 – consentono contratti a termine fino a 24 mesi anche senza causali per i primi 12 mesi;

 – autorizzano rinnovi ripetuti con causali spesso generiche o arbitrarie;

 – riducono i vincoli alle proroghe, rendendo più facile per le imprese mantenere i lavoratori in stato di incertezza per anni.

In pratica, si chiede di tornare a una disciplina più restrittiva e più protettiva per i lavoratori.

Perché votare SÌ: le ragioni di una scelta giusta

1. Contro la precarietà strutturale

I contratti a termine sono nati per esigenze temporanee. Ma nel tempo sono diventati la regola anziché l’eccezione, soprattutto per i lavoratori più fragili. Questo crea instabilità economica, incertezza sul futuro e difficoltà nell’accedere a mutui, affitti e progettualità di vita.

2. Un mercato più giusto non è un mercato meno efficiente

La flessibilità non deve diventare sinonimo di ricatto occupazionale. Studi europei mostrano che i mercati del lavoro con maggiori tutele (come in Germania o Francia) non sono meno dinamici. Anzi: il lavoro stabile migliora la produttività e la qualità dei servizi.

3. I giovani meritano un futuro, non un eterno presente precario

Oggi oltre il 60% dei nuovi contratti è a termine, e pochi di questi si trasformano in tempo indeterminato. Il lavoro precario si traduce in precarietà esistenziale. Votare SÌ è un atto di responsabilità verso le nuove generazioni.

4. Il lavoro è un diritto, non una concessione temporanea

La Costituzione italiana riconosce il lavoro come fondamento della Repubblica. Tollerare norme che facilitano lo sfruttamento attraverso contratti brevi, rinnovabili e privi di prospettive va contro il principio di dignità del lavoro.

I numeri della precarietà in Italia:

– Oltre 3 milioni di lavoratori hanno contratti a tempo determinato (ISTAT, 2023)

  • – Solo 1 su 4 di questi contratti si trasforma in tempo indeterminato
  • – Il 70% dei contratti a termine dura meno di 3 mesi
  • – L’Italia è al secondo posto in Europa per uso di contratti a termine tra i giovani (Eurostat, 2022)

Nel mondo del lavoro italiano, i giovani sono i più esposti alla precarietà. I dati parlano chiaro:

 – Il 63% dei nuovi contratti tra i 20 e i 34 anni è a tempo determinato (ISTAT, 2023)

 – Il 73% di questi contratti ha una durata inferiore ai 6 mesi

 – Il tasso di trasformazione in contratti stabili resta sotto il 25%

Questo significa che un’intera generazione è condannata a vivere nell’incertezza, senza prospettive di autonomia economica, casa, famiglia. La precarietà non è una “fase di passaggio” ma per molti è diventata una condizione cronica.

La scuola pubblica: laboratorio di instabilità

Il paradosso più evidente? La scuola, istituzione che dovrebbe costruire il futuro del Paese, è anche uno dei settori più precari:

 – Oltre 250.000 docenti vengono assunti ogni anno con contratti a tempo determinato

 – Tra questi, circa 100.000 sono “supplenti annuali” (contratti fino al 30 giugno o 31 agosto)

 – Molti insegnanti precari coprono posti vacanti e disponibili, che dovrebbero essere a tempo indeterminato

I concorsi si svolgono a rilento e spesso non coprono il fabbisogno reale.

Questo genera una scuola instabile, in cui gli studenti cambiano insegnanti ogni anno e i docenti vivono senza certezze, senza continuità, senza tutele.

Un SÌ per costruire futuro, non precarietà

Il SÌ al quesito n. 3 non è una battaglia ideologica: è una risposta concreta a un problema reale. Restituire dignità e prospettiva al lavoro significa restituire forza alla società tutta. Senza stabilità, non c’è crescita. Senza diritti, non c’è progresso.

Con le attuali condizioni i lavoratori e le lavoratrici a termine sono soggetti a quella che qualcuno ha definito saggiamente “macelleria sociale”, ovvero alla condizione di essere assoggettati implicitamente al datore di lavoro senza la possibilità di esercitare i propri diritti. 

Votare SÌ significa dire basta all’abuso sistematico dei contratti a termine. Significa restituire stabilità a chi lavora, investire nella qualità del lavoro e nel benessere di chi assume e di chi produce. 

Il 8 e 9 giugno abbiamo l’occasione di cambiare rotta. Un SÌ deciso per dire basta alla precarietà.

  • Domenico Palazzo è nato a Campobasso il 2 settembre 1984; Guardiese dalla nascita, Termolese d’adozione dal 1998. Ha vissuto a Bologna e nel 2011 è tornato a vivere a Termoli, con una breve parentesi milanese. È laureato in chimica e tecnologia farmaceutiche. Ha lavorato in azienda fino al 2019, ricoprendo ruoli di direzione. Ad oggi insegnante di Scienze Naturali specializzato sul sostegno. Consigliere Federale di Europa Verde per il Molise, pubblica sul periodico L’Eguaglianza.

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