BISOGNA ESSERE CONTRO IL RIARMO, PERCHÉ É INUTILE E PERICOLOSO

di Michele BLANCO

Il mondo contemporaneo lo si può osservare a partire dalla guerra in Ucraina, ai massacri indiscriminati in Medio Oriente e in molte altre parti del mondo, la vittoria elettorale di Trump, la Germania con l’esito delle sue elezioni, l’inesorabile “avanzata delle destre” un po’ ovunque, la ormai certa e constatata inesistenza politica dell’Europa, con il “dibattito” unidirezionale a favore del riarmo, voluto dai mass media che sono di proprietà di chi possiede e fa profitti con l’industria bellica.

Il “nuovo ordine mondiale” immaginato da alcuni e temuto da altri non è che il disordine di un capitalismo neoliberista che da cinquant’anni continua a essere l’ideologia dominante sempre tra alti e bassi, impennate e sprofondamenti, senza apparente via d’uscita, che oggi vorrebbero propinarci con la preparazione propagandistica alla guerra e alle inutili spese militari.

Questa forsennata accelerazione subito impressa dal nuovo governo USA alla politica interna e internazionale non è frutto della volontà di potenza del Presidente Trump e dei suoi miliardari accoliti. In questi ultimi anni l’imperialismo USA ha visto progressivamente erodere il proprio passato totale predominio mondiale, a favore di altri poteri e forze statali e alleanze, come la Cina e i paesi BRICS. Lo scontro diretto ha visto confrontarsi da anni gli eserciti della Russia e quelli dell’Ucraina spalleggiata, con gradi diversi di coinvolgimento economico e militare, dai vari Stati della NATO, con in prima fila Regno Unito e – fino alla fine dell’amministrazione Biden – degli USA. L’Unione Europea si è dimostrata in questo contesto nient’altro che un mercato economico e tutt’altro che una entità politica unitaria, democratica e indipendente. La sudditanza europea agli USA si manifesta anche nella scopiazzatura dello slogan trumpiano “Make America Great Again” (MAGA), che diventa, “Make Europe Great Again” (MEGA). Tra MAGA e MEGA c’è davvero poco da scegliere!

È appunto su questo scenario che si prepara una nuova possibile guerra con l’aumento delle spese militari.

Le misure annunciate e praticate dalla nuova amministrazione USA, che tanto scandalizzano e impauriscono le “anime belle” dei presunti democratici di tutto il mondo sono l’espressione delle reali esigenze nazionali dell’economia degli Stati Uniti d’America. Al tempo stesso, quelle misure mostrano e dimostreranno l’insolubile contraddittorietà delle ricette economiche per “uscire dalla crisi”: liberismo|protezionismo, globalizzazione|nazionalismo, eterno vicolo cieco di inflazione-deflazione-stagflazione, ecc. In un modo o nell’altro, presto o tardi, sono sempre le leggi del capitale, che consistono sempre nella spasmodica ricerca del profitto, la necessità di rimettere in moto l’accumulazione, la “regola aurea” della competizione fra capitali nazionali, la legge dello sviluppo ineguale ad affermarsi e a esigere il conto finale. Ricordiamo che alla cerimonia d’insediamento di Trump, lo schierarsi di magnati dell’industria (soprattutto hi-tech) alle spalle del neo-presidente è stata interpretata da tutti i media come l’accorrere dei grandi nomi dell’economia USA a rendere omaggio. Ma nella realtà erano lì piuttosto a ricordargli chi fossero i veri padroni e quale fosse il copione da interpretare.

Nel sistema capitalistico i crediti vanno riscossi, i debiti vanno pagati, magari sotto forma di metalli preziosi per l’industria e terre rare.

In tutti questi anni, l’industria delle armi non ha mai smesso di crescere, il commercio internazionale di armamenti, alla luce del sole o sottobanco, non ha mai smesso di funzionare a pieno regime, e tutti i conflitti più o meno recenti hanno sempre visto impegnati in prima linea i colossi dell’industria militare. Oggi ancor di più, con il calo dell’industria automobilistica, cresce a dismisura quella militare.

Nell’Unione Europea, poco unita e composta da tanti Stati, schiacciata dalle grandi potenze come USA, Russia e Cina, si torna a parlare di una forza armata unitaria, sovranazionale. Il rischio reale è che nell’interesse del grande capitale assisteremo alla riconversione delle economie nazionali in economie di guerra, e questo rappresenta il vero pericolo perché potrà capitare che, da un giorno all’altro, il primo cannone cominci a sparare. Non a caso, il neo cancelliere tedesco, Merz, dichiara di volersi svincolare dalla sudditanza agli Stati Uniti.

In 50 anni hanno sempre più limitato la redistribuzione sociale della “ricchezza”, con la manipolazione delle coscienze voluta dall’ideologia neoliberista, arrivando a cancellare ogni possibilità di aspirare ad avere una diversa organizzazione sociale. Oggi più che mai i cittadini europei devono tornare a difendere nell’immediato le proprie condizioni economiche (salari, stipendi, pensioni…) e sociali (casa, salute, vivibilità dei quartieri, degrado ambientale) e contemporaneamente non accettare in nessun modo l’idea della guerra che come l’esempio del Medio Oriente ha portato a mattanze al fronte, stragi nelle retrovie e a fine di Stati dove prima della guerra si viveva in modo dignitoso almeno dal punto di vista economico e sociale come la Siria e la Libia.

  • Michele BLANCO. Dottore di ricerca in “Diritti dell’uomo e Diritti fondamentali. Teorie, etiche e simboliche della cittadinanza” presso la facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università di Napoli. Tra i suoi saggi più rilevanti si ricordano: “La vera ragione dei diritti umani e la democrazia partecipativa come premessa al reciproco riconoscimento tra i popoli” (2006), “Democrazia deliberativa ed opinione pubblica emancipata” (2008), “Cosmopolitismo e diritti fondamentali” (2008), “Diritti e diseguaglianze. La crisi dello stato nazionale e al contempo dello stato sociale” (2017), “Nota critica a Thomas Piketty, Capitale e ideologia” (2021) “Nota critica a Katharina Pistor , Il codice del capitale. Come il diritto crea ricchezza e disuguaglianza” (2021). “Recensione critica a Thomas Piketty, Una breve storia dell’uguaglianza” (2021). "La politica post-democratica caratterizza, sempre più, il mondo attuale" (2024). "Introduzione al percorso intellettuale di Jürgen Habermas Habermas sociologo o filosofo? Certamente un intellettuale volto alla ricerca costante dell’emancipazione della persona umana", Lanciano, Carabba (2024).

Potrebbe piacerti anche

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da parte di questo sito web.