D’AMORE E D’ODIO: IL “DRACULA” DI FRANCIS FORD COPPOLA OLTRE OGNI CREDO

di Veridiana ALTIERI

Il film “Dracula” (titolo originale “Bram Stoker’s Dracula”), tratto da una sceneggiatura di James V. Hart, è un riadattamento del romanzo di Bram Stoker che chiarisce in maniera esemplare l’estetica di Francis Ford Coppola nell’ambito del genere horror.

Considerato da molti come l’ultimo dei suoi capolavori, il lungometraggio è un vero e proprio omaggio al cinema espressionista.

In “Dracula” infatti, proprio come nelle sperimentazioni di Georges Méliès, gli effetti speciali sono tassativamente artigianali. Quasi tutto avviene direttamente in scena e il ricorso alla post-produzione è ridotto al minimo.

Caratteristico è l’uso dei forti contrasti di luce, dei rossi, delle ombre che si animano, delle riprese in “reverse motion” per dare un aspetto sinistro ed ultraterreno ai personaggi.

Le scenografie di Thomas E. Sanders e Garret Lewis sono ostentatamente finte: nelle primissime scene d’apertura, ad esempio, ritroviamo delle semplici sagome in controluce a simulare la calca delle truppe in battaglia. Ed ancora, nelle riprese interne, le pareti degli ambienti vengono fatte slittare verso lo spettatore per amplificare l’effetto claustrofobico del contesto.

Tutto concorre a creare visioni stranianti e lo spettatore viene gradualmente immerso in una dimensione onirica, ai limiti del fantastico.

Allo stesso modo, la colonna sonora di Wojciech Kilar rinforza l’atmosfera oscura e gotica della narrazione mentre i costumi fuori dal tempo della giapponese Eiko Ishioka, tra abiti ottocenteschi, armature rosso fuoco, busti e vesti riccamente decorate, rileggono in movimento i quadri di Klimt e dei pittori preraffaelliti, mescolando abilmente le linee fluide dell’oriente con la sontuosità dell’occidente.

C’è dunque nella pellicola un gusto antico che dialoga con più arti, allo stesso tempo però si ha l’impressione di vedere tanti film in uno.

“Dracula”, in effetti, racconta la sua storia anche attraverso annotazioni, pagine di diario, lettere, telegrammi e persino registrazioni con fonografo. Un modo certamente originale di incorporare all’interno della diegesi le nuove tecnologie di comunicazione del tempo.

E non è un caso se nella narrazione ritroviamo anche le proiezioni dei fratelli Lumière: il primo incontro tra Vlad e Mina ha luogo proprio lì, al cinematografo, dove il pubblico chiassoso, sulle note distanti di un pianoforte, commenta le proiezioni mute di “L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat”.

Non solo, dunque, una chiara allusione al concetto di “luce” che si oppone al clima psicologico dell’intera narrazione, ma anche un omaggio alla Settima Arte tutta.

Nella ricomposizione dei fatti, le vicende narrano di come il nobile e immortale Dracula giunga nella Londra vittoriana alla ricerca di Mina, reincarnazione della principessa Elisabetta che egli ha perduto secoli prima.

Oltre ai protagonisti Dracula (Gary Oldman) e Mina Murray (Winona Ryder), fondamentali i personaggi di Jonathan Harker (Keanu Reeves), fidanzato e poi marito di Mina, del prof. Abram Van Helsing (Anthony Hopkins), specialista in occulto, di Lucy Westernra (Sadie Frost), amica d’infanzia di Mina.

La storia può essere suddivisa in tre distinti momenti: la visita di Jonathan Harker al castello di Dracula, le vicissitudini di Lucy Westernra e Wilhelmina Murray a Londra ed infine il viaggio della caccia al vampiro verso la Transilvania.

Il film si apre con un prologo di potente impatto visivo. La voice over del prof. Van Helsing, ancora esterno alla diegesi, ci riporta al tempo in cui Vlad Draculea, l’impalatore, era un fiero combattente del Sacro Ordine del Dragone, fedele difensore della Chiesa contro l’espansione dell’Impero Ottomano dopo la caduta di Costantinopoli.

Impegnato ad arrestare l’avanzata dell’esercito musulmano in Transilvania, torna a casa vittorioso dopo un’ultima feroce crociata; ad attenderlo, però, c’è il corpo esanime della sua amata Elisabetta. La principessa, credendolo morto per inganno dei turchi, aveva posto tragicamente fine alla sua vita gettandosi nelle acque del fiume Argeș.

Vlad non vede giustizia nel suo destino e rinnega Dio abbracciando Satana e il vampirismo.

Il lungometraggio ci catapulta a questo punto nella Londra del 1897 dove hanno luogo le vicende di Mina Murray, Jonathan Harker e Lucy Westernra.

Pur seguendo l’ordine cronologico degli eventi, la trama presentataci da Coppola oscilla continuamente tra la moderna e civilizzata Inghilterra e la crepuscolare Romania.

L’intreccio prende forma attraverso una costante alternanza di sequenze che, spezzando le azioni su diversi spazi, mette in dialogo l’austerità gotica con la stravaganza vittoriana, creando così degli sfondi dalla forte valenza simbolica alle storie dei personaggi che si muovono avanti e dietro tra i due contesti.

Questo montaggio delle attrazioni, come da definizione di Ejzenstejn, crea un conflitto dialettico che predilige momenti di climax alla continuità della narrazione.

Ed è in questo modo che, durante tutto il lungometraggio, diventa impossibile per lo spettatore poter fruire un’immagine senza confrontarla col suo opposto e senza quindi coglierne ogni relazione presente.

Vengono mostrate dicotomie tra bene e male, passione e indifferenza, purezza e peccato, civiltà e barbarie. E sono queste dicotomie a diventare non solo la cifra stilistica dei dialoghi stessi, ma anche aspetti caratteristici del trucco, dei costumi, dell’illuminazione e del colore.

Se analizziamo ad esempio il matrimonio tra Mina e Jonathan Harker e quelle che sembrano ordinarie scene di un rito solenne, ci accorgiamo ad un tratto di percepirle paradossalmente come violente, perché sempre interposte alle immagini dell’ultimo e mortale incontro fra Dracula e Lucy.

La rappresentazione dell’unione tra questi ultimi avviene, di fatto, attraverso significanti visivi e sonori che suggeriscono una pulsione violenta, carnale; al contrario, la cerimonia nuziale dei primi è strutturata in maniera tale da proporre personaggi del tutto conformisti, evidenziando pertanto il conflitto tra candore e passione, ribellione e obbedienza.

La psicologia dei personaggi di “Dracula” è dunque complessa e mai scontata.

Tuttavia essa non si sottrae completamente agli schemi di impostazione proppiana.

La figura dell’antagonista, del cattivo, è certamente quella di Dracula.

È lui, nella narrazione, a rappresentare la vera minaccia. Stoker lo rende sensuale e malvagio come un personaggio shakespeariano, erotico e sanguigno allo stesso tempo, tanto da incarnare quell’inconscio assopito in ognuno di noi che ci vorrebbe totalmente liberi dalla morale comune.

Egli inoltre è un mutaforma: è mostro, lupo, pipistrello, topo. È nebbia, pioggia, vento. È anziano, giovane, può trovarsi in un luogo e nel suo opposto.

Una materializzazione ovvia delle nostre fobie ma anche dei nostri desideri più profondi, di avventura, potere, controllo.

Stoker libera Dracula da un immaginario dell’orrorifico stanco e abusato e lo rende enigmatico, forte e fragile al contempo, irresistibilmente affascinante. Un villain col quale è impossibile non simpatizzare e in cui possiamo ancora scorgere il volto del principe valoroso che fu.

Infine l’eroe o meglio, l’eroina: Wilhelmina Murray.

Altruista e compassionevole, Mina è un sostegno per tutti. Ella trova inaspettatamente l’amore nei sentieri più oscuri del suo animo e, solo con la semplicità di chi ha un cuore veramente puro, riesce a guardare oltre il mostro, a comprenderne il dolore, a perdonarlo, ad ammirare la forza del suo sentimento immortale.

Mina compie un percorso di trasformazione che, da ragazza obbediente e di buone maniere, la porterà a scoprire un aspetto di sé più trasgressivo, audace, ma pur sempre virtuoso. Ed è soltanto col suo amore che, di fatto, spezzerà finalmente la catena dell’odio e del male che il suo principe alimenta da secoli.

“Dracula” è dunque, prima di tutto, una struggente storia d’amore, una favola dove il principe e la principessa non vissero mai felici e contenti, ma furono destinati ad un eterno irrealizzabile desiderio.

Benché il lungometraggio sia fortemente religioso in tutta la sua iconografia, non è tanto Dio a rappresentarne il tema principale, quanto piuttosto il concetto di dannazione e salvezza.

Il film di Coppola ci ricorda, oggi più che mai, l’importanza di alcuni valori rispetto ad ogni forma di credo e la narrazione può essere riletta, a tale proposito, da una prospettiva decisamente postmoderna: il suo significato religioso resta subliminale ed espresso prevalentemente attraverso immagini.

Sono soprattutto le immagini, infatti, a veicolare il messaggio che nessun potere divino può rivelarsi efficace contro il male.

La fede non è in grado di proteggerci sempre.

La presenza di innumerevoli simboli sacri, soprattutto croci, e di varie religioni, non solo non ha impedito al male di prendere il sopravvento in primo luogo, ma ci informa indirettamente anche della neutralità di Coppola rispetto a qualsiasi forma di credo.

Coppola, d’altro canto, non sembra voler ipotizzare l’esistenza di una fase post-religiosa nel genere umano, piuttosto sembra volerci porre dinanzi ad una riflessione di natura postcristiana: il cattolicesimo ha fallito su più fronti e tutti gli obiettivi da esso prefissati più di duemila anni fa sono sostanzialmente diventati irrilevanti nel mondo di oggi. Cosa può proteggerci allora dal male? L’amore.

Coppola tesse trame che lo fanno sopravvivere in eterno, oltre le superstizioni, oltre i secoli.

Esso è universale perché più autentico di qualsiasi religione. 

È l’amore infatti che restituirà umanità al mostro, ed è l’amore che finalmente donerà alla sua anima, non al suo corpo, il miracolo della vita eterna

Autore

  • Veridiana ALTIERI

    Veridiana Altieri si forma come designer di moda presso l'Istituto Marangoni di Milano e approfondisce in seguito lo studio del design di prodotto e della comunicazione. Impegnata da sempre nel sociale, si interessa ai temi dello sviluppo sostenibile ed al ruolo dell'industria nell'ambito dei settori creativi e delle nuove tecnologie. In tutta la sua ricerca, dalla pittura all'ideazione e realizzazione di oggetti, centrale è l'attenzione per le stampe ed il colore. Attualmente vive e lavora in Molise.

Potrebbe piacerti anche

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da parte di questo sito web.

?>