Ahmed Younis è il fotografo che ha ripreso in video il bambino di nome Jadoua che portava sulle spalle il fratello più piccolo di nome Khaled, in fuga da Gaza City. È tra le immagini più commoventi che i reporter hanno fatto conoscere al mondo intero, forse la più toccante perché spezza l’assuefazione dalle foto di bambini feriti, mutilati o morti, è la corsa verso la vita che rompe un paradigma.
Jadoua in queste righe si chiamerà Giuseppe o meglio Juzif.
Juzif si è destato nel cuore della notte, ha fatto un sogno insolito: un messaggero di Dio gli ha detto di lasciare la propria casa e fuggire via per portare in salvo suo fratello, minacciato da un uomo crudele che ha già ucciso migliaia di bambini.
Ora corre sulla strada dell’esodo, è stanco, non mangia da giorni, ha i piedi nudi e dolenti, sull’asfalto di polvere e sassi tiene strette le gambe del fratello attorno al collo, è il modo per poter tenere il passo svelto, il suo urlo di dolore e rabbia annuncia l’arrivo, ma la meta è ancora distante e si spera che come nel Riposo in Egitto,ci sia un Caravaggio a rappresentare che il divino si manifesta negli umili.
Juzif continua senza tregua il suo cammino, porta sulle spalle una speranza e la caparbietà muove le sue gambe, ma la meta è ancora distante. Il ricordo del profumo del pane caldo è solo un tormento, un pezzetto in meno ogni giorno fino a non mangiarne più. Questa è la corsa più faticosa della sua vita, più dei calci alla palla per strada, del lancio degli aquiloni e del tiro alla fune.
Per strada ci sono tutti gli altri, caduti in una tristezza senza fine, ma lui ha negli occhi solo il pianto del suo incolpevole rammarico e corre.
“Ero nel nord di Gaza e non trovavo la mia mamma e il mio papà – racconta Jadoua – volevo raggiungere il Sud così ho preso mio fratello sulle spalle e mi sono incamminato. Sono arrivato a Khan Younis da solo“. Il padre che ora è con loro dice che il sogno di suo figlio “è diventare un insegnante“ (fonte Dire-Agenzia di Stampa Nazionale).
