LA DIFESA DELL’AMBIENTE È UN FATTO ETICO

di Adele FRARACCI

Nella nostra Costituzione l’articolo 9 suona così:

“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”

È suggestivo questo articolo, anche per aver individuato la nostra Patria come un sinolo, unità di materia e forma, in cui la materia è rappresentata dalle bellezze naturali, con le sue montagne, le sue colline, i suoi boschi e pinete, il mare, le pianure, i laghi, mentre la sua forma risiede nelle sue intelligenze affidate ai borghi, al genio artistico e architettonico, ai saperi e alle tradizioni frutto del divenire storico. Un articolo che riesce a enucleare perfettamente quel che è la prima e vera ricchezza dell’Italia: l’ambiente naturale e le sue intelligenze.

A pensarci su, sembra davvero un articolo in cui trionfano la sobrietà e il senso del limite tipici della antica civiltà greca: l’uomo è parte della Natura e, pertanto, ha il diritto di goderla e il dovere di tutelarla secondo canoni che instillino armonia e crescita soggettiva e in società. È affatto peregrino, dunque, aver utilizzato il termine aristotelico di sinolo per commentare l’articolo 9, il quale rimanda anche a nutrire un orgoglio nazionale assai originale e stimolante, proiettato come è a coltivare la bellezza e l’intelletto. Il principio contenuto nella Carta offre anche la possibilità di mettere in movimento la nostra capacità percettiva, sembra infatti farci palpare, annusare, assaporare, guardare, ascoltare l’Italia, tanto da evocare un comune sentire che inchioda alla responsabilità individuale e collettiva: l’Italia è un ricchissimo patrimonio paesaggistico e culturale da preservare, da difendere, da vivere e da rispettare. È così che l’articolo si appella inequivocabilmente alla componente etica: a comportamenti da sapere coscienziosamente assumere, al senso di responsabilità individuale e collettiva, a riflettere sulle conseguenze del nostro agire qui e ora, ma anche in proiezione a beneficio delle generazioni future e del mondo extra-umano, come direbbe Hans Jonas. Nei confronti del Prometeo scatenato, come chiama la civiltà tecnologica, non è un caso che egli si appelli all’etica, è convinto della necessità di elaborarne una da poter condividere; e infatti domandando a noi e a lui stesso: se continuiamo a consumare energia e a inquinare il pianeta con gli attuali ritmi, che destino riserveremo ai nostri figli e nipoti?

Offre una risposta che facilmente ci persuade e che potremmo definire un imperativo categorico dell’età tecnologica: agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra. Indubitabilmente il tema ambientale è una delle grandi sfide attuali e altrettanto indubitabilmente la dimensione etica è centrale; il modello occidentale dell’uomo padrone della natura è andato in crisi sotto la scure dell’inquinamento, del surriscaldamento globale, dei plausibili cambiamenti climatici, del capitalismo sfrenato, che con i suoi ritmi e modelli produttivi e di consumo ci ha condotto a disperdere quel senso della misura che è stata una lezione antica e che è anche una urgenza moderna, come insegnano la nostra Costituzione all’articolo 9 e l’Agenda 2030 dell’ONU, per lo sviluppo sostenibile, un programma per le persone, il pianeta e la prosperità. Gli obiettivi riguardano tutti i paesi e tutti gli individui, nessuno escluso, anzi nessuno deve essere lasciato indietro. Il coinvolgimento su temi come il contrasto al cambiamento climatico, la eliminazione della fame, la lotta alla povertà, per fare solo alcuni esempi degli obiettivi comuni, devono coinvolgere tutti nel segno dell’assunzione della conoscenza, della consapevolezza e delle responsabilità connesse. In fondo risalta anche nella Agenda la necessità di appellarsi all’etica, la quale appare la strada maestra per far rimare la globalizzazione con l’universalismo, dentro una sorta di ecofilosofia antropocentrica, che dà statuto morale agli uomini, i quali, dunque, possono avvalersi della natura anche come mezzo per finalità economiche, estetiche, scientifiche, purché nel rispetto della medesima; la natura è da intendersi, cioè, come rete di solidarietà tra gli uomini, in difesa  del genere umano, delle creature viventi e di tutti gli esseri animati e inanimati. In verità il programma risuona un po’ come quel diritto di avere diritti, aggiornato da Stefano Rodotà nel segno di una adeguata promozione delle condizioni di vita e nella realizzazione concreta dei diritti qui e ovunque, oggi per il domani. Insomma, bisogna fare in modo di consentire al singolo una presa sul proprio ambiente, tale da valorizzare in lui una passione abbastanza forte che eviti il fatale ripiegamento su se stesso e stimoli, invece, a essere effettivamente un cittadino attivo e utile. E, ad esempio, essere qui oggi partecipi e utili non può che rispondere a un dovere di solidarietà e di difesa dei diritti, tra cui quello di poter fruire di un ambiente salubre si connette strettamente alla tutela psicofisica dell’individuo e al diritto alla salute.

Sicché è davvero inquietante percepire di non venire protetti dagli effetti malsani degli incendi, come anche nel nostro Molise accade con riferimento alle nubi tossiche prodotte dal fuoco in prossimità delle centrali dei rifiuti. E prendiamoli come esempio gli incendi che hanno colpito vaste zone dell’Europa e dell’Italia nel corso di questa estate torrida, al fine di segnalare come questo evento non sia affatto eccezionale, ma sia ricorrente negli ultimi anni, nel 2018 ci fu una vera ecatombe di foreste europee e americane. Dunque, è indispensabile, di fronte a queste tragedie ricorrenti, adoperarsi: per potenziare i meccanismi di protezione civile  e  di soccorso, mentre in Italia purtroppo abbiamo invece finanche registrato il loro progressivo depotenziamento; per comminare pene certe e mirate a chi appicca il fuoco e si rende autore di siffatti sfregi alla natura e al patrimonio; per fare vera prevenzione, la quale  conta sulla cura del territorio, sui controlli e su una attenta e sapiente programmazione. E quest’ultimo è un aspetto nevralgico sia per prevenire e contenere i danni prodotti dagli eventi estremi, che purtroppo costellano anche sul piano meteorologico la nostra storia in maniera ricorrente, sia per poter godere serenamente della nostra vita nella natura. Adoperarsi è nostro dovere. La componente etica, è scontato, è imprescindibile per saper adoperarsi.

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